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‘Īdu-l-àḍḥā
la festa del sacrificio

‘īd al-aḍḥā (in arabo:عيدالأضحى = festa del sacrificio), o ‘īd an-nàḥr (عيد ﺍﻟﻨﺤﺮ = festa della jugulazione) o ‘īd al-qurbān (عيد ﺍﻟﻘﺮﺑﺎﻥ = festa dell’offerta), usata dai Turchi e dai Musulmani non arabi, è la festa del Sacrificio, celebrata ogni anno nel mese lunare islamico di Dhū-l-Ḥiǧǧiah, in cui ha luogo il Pellegrinaggio [al-Ḥàǧǧ]. Viene anche detta ‘īd al-kabīr (عيد ﺍﻟﻜﺒﻴﺮ = festa grande), in contrapposizione a ‘īd aṣ-ṣaghīr (عيد ﺍﻟﺼﻐﻴﺮ = festa piccola), cioè ‘īd al-fìṭr la festa della rottura del digiuno. La festività solenne, denominata ‘īd al-aḍḥā, che è la seconda delle due feste comandate dell’Islàm, la prima essendo la Festività solenne della rottura del Digiuno di Ramadàn, ha luogo il giorno 10 di Dhū-l-Ḥiǧǧiah e prosegue nei tre immediati giorni 11-12-13 detti ayyām at-tashrīq, in tutto il mondo islamico. In tali giorni è proibito digiuno, perché questi sono i giorni della gioia. La parola aḍḥā deriva dalla radice araba <Ḍād-Ḥā‹-Yā‹>, che richiama il significato di “sacrificare”, e si ricollega al ricordo della prova, a cui fu sottoposto il profeta Ibrāhīm, su lui la pace, quando Allàh, per verificare la caratura della sua devozione e quella del suo figlio unigenito, Ismā’īl, gli chiese in sogno di sacrificarlo! Il sacrificio rituale che si pratica nel corso della festività, successivamente all’esecuzione del rito solenne congregazionale della “Festa del Sacrificio” non solo da parte dei Pellegrini, ma da tutti i Musulmani, che ne abbiano la possibilità, in tutto il mondo, è eseguito in memoria del sacrificio sostitutivo effettuato con un montone dal profeta Ibrāhīm, su lui la pace, che era disposto ad eseguire il sacrificio di Ismā’īl, prima che Allàh, verificata l’obbedienza pronta e assoluta di lui e del figlio, disposto a esser vittima sacrificale, gli ordinasse di non eseguire il sacrificio umano. È quindi per eccellenza la festa della totale e indiscutibile sottomissione ad Allàh (islām) di coloro che sono consapevoli del significato escatologico della loro esistenza di creature umane, lo scopo della creazioni delle quali è l’adorazione del Creatore. Nel giorno della Festa solenne del Sacrificio i musulmani eseguono il sacrificio di un ovino, un caprino, un bovino o un cammello [negli ultimi due casi è possibile sacrificare un animale per conto di più persone, fino a sette] – che sono gli animali sottoposti al prelievo fiscale dell’imposta coranica e non altri. La vittima sacrificale deve essere fisicamente integra e adulta. L’animale viene ucciso mediante jugulazione, cioè, con la recisione della giugulare che permetta al sangue di essere espulso da tutti i tessuti attraverso le contrazioni derivanti dall’anossia cerebrale, dato che il Sublime Corano vieta esplicitamente con il verbo ḥàrrama il consumo alimentare del sangue. La cerimonia sacrificio, come già detto sopra, deve essere eseguita il giorno 10 dopo l’esecuzione del rito solenne congregazionale o nei tre giorni seguenti, fra la fine rito d’adorazione dell’alba e l’inizio del rito d’adorazione del pomeriggio. Colui che esegue la jugulazione deve essere in stato di purità legale (ṭahārah), pronunciando la formula:
<< Bismillàh! Allàhu àkbar! >> [Nel nome di Allàh! Allàh è il più grande]. La carne dell’animale sacrificato viene divisa preferibilmente in tre parti uguali, una delle quali va consumata subito tra i famigliari, mentre la seconda va conservata e consumata in seguito e la terza viene destinata ai poveri della comunità, che non hanno i mezzi economici per acquistarlo. Attualmente, visto l’enorme numero di pellegrini e l’impossibilità pratica che ogn pellegrino esegua personalmente il sacrificio, il pellegrino sottoscrive per lo più preventivamente la spesa necessaria per l’acquisto della vittima sacrificale, che sarà macellata secondo il rito islamico in appositi stabilimenti da personale specializzato in grado di lavorare la carne e a conservarla, al fine di inoltrarle poi in quei paesi (islamici) che abbiano sofferto di carestia, o di danni bellici, o che versino in precarie condizioni economiche. Il rito congregazionale solenne della Festa del Sacrificio viene eseguito generalmente il tutto il mondo in una musalla all’aperto fuori dell’abitato della comunità locale, a cui partecipano uomini e donne e spesso i bambini che, per l’occasione festiva, indossano i loro vestiti migliori. Il rito, che è preceduto da cori di takbirāt, è costituito da due ràk’ah, la prima preceduta da sette takbir [Allàhu àkbar] e la seconda da cinque e seguita dalla khùtbah eseguita dall’Imām che ha guidato la celebrazione del rito. Esso è una sunna detta mu‹àkkadah, cioè consolidata.

E certamente Allàh ne sa di più.
E la lode appartiene ad Allàh
Il Signore dei mondi.

N.° 188

Dhu-l-Hìggiah
1435
Settembre 2014

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