Home Archivio

 

ANNO NONO DELL'EGIRA
LA GRANDE SPEDIZIONE

Nell’anno nono dell’Egira, corrispondente al 630 dell’era volgare giunge alla Mecca la notizia che nella Siria bizantina sono in corso movimenti di poderosi contingenti di truppe imperiali, l’unico significato dei quali non poteva essere altro che quello di aggressione nei confronti dello stato islamocratico, costituitosi a Yàthrib, che ha assunto il nome di Madìnatu-n-Nàbī [La Citta del Profeta] per l’impulso organizzativo del profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Siede sul trono di Bisanzio l’imperatore Eraclio, che è stato informato da Abu Sufian, il Mecano, in Palestina per affari con la carovana meccana, della situazione politica in Arabia, dove sta nascendo, ad opera di un sedicente Messaggero di Dio, una realtà politica originale rispetto alla struttura tribale, tradizionalmente fondata sul vincolo di sangue; una struttura nella quale il cemento associativo è il credo, che unico accettabile titolare del dominio sugli uomini è il loro Creatore, Allàh, Uno, Unico, Unipersonale e la fede pronta e assoluta nella missione apostolico-profetica di Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Il Messaggio su cui si fonda l’ordinamento politico della nuova società è che “Nessuno ha titolo di essere padrone dell’uomo, tranne il suo Creatore e che Muhàmmad, che Allàh lo benedica c l’abbia in gloria, ne è il banditore, la cui Missione è di portare questo messaggio di liberazione dell’uomo dal dominio dell’uomo a tutti gli uomini. L’impero di cui Eraclio è il vertice si stende su tre continenti [Europa, Asia Africa] il dominio sulle numerose genti che popolano il vasto territorio è nelle mani della etnia greca. Eraclio è ben consapevole che il messaggio portato da Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, se si diffonde nei suoi vasti domini, non potrebbe che avere effetti devastanti sul suo potere imperiale. Per questa sua consapevolezza ordina ai suoi strateghi di preparare un piano di invasione dell’Arabia e di ammassare truppe in Siria alla frontiera meridionale dell’Impero, dove costituire la base di partenza dell’attacco. E in questo progetto è incoraggiato dal fatto che la spedizione punitiva musulmana per vendicare l’uccisione dell’ambasciatore del Profeta a Eraclio, nell’anno precedente [8° E.] era stata battuta a Mu’tah in una battaglia d’incontro, nella quale non venne annientata soltanto per l’abilità strategica di uno dei combattenti, di nome Khālid, il quale, caduti nella mischia i comandanti designati dal Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, prese in mano di sua iniziativa e con successo la direzione delle operazioni di sganciamento dal nemico, riportando sani e salvi a Medina quasi tutti i soldati, che avevano partecipato all’impresa. Il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, venuto a conoscenza dei movimenti di truppe bizantine alla frontiera nord, prese la decisione di giocare d’anticipo e sfruttare il vantaggio della sorpresa. Gli strateghi bizantini, infatti, a conoscenza che le condizioni del Ḥigiāz sono fortemente sfavorevoli a una spedizione militare per il caldo eccezionale, la pesante siccità e la conseguente scarsità di acqua, se ne stanno tranquilli, in attesa di migliori condizioni climatiche per la campagna militare comandata dall’Imperatore. Il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria decide di organizzare la spedizione, nonostante le avverse condizioni climatiche, delega il governo di Medina ad Ali bin Abi Talib, e dopo una logorante marcia nel deserto raggiunge il confine siriano e si accampa presso il villaggio di Tabūk, in attesa dell’attacco bizantino, ma i Bizantini non si fanno vivi e ciò perché Eraclio, informato dai suoi strateghi della inaspettata mossa del Profeta, sospende l’esecuzione del progetto d’invasione e ordina la ritirata dell’armata dalla Siria. Il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, coglie l’occasione dell’inattività bellica coatta per annettere allo Stato islamocratico i territori circostanti a Tabūk, offre protezione alle popolazioni cristiane della zona, che volontariamente si sottomettono, permettendo loro di mantenere la loro religione, verso il pagamento dell’imposta coranica per i non musulmani, che vivono sotto la sovranità dell’Islàm [al-gizyah]. Durante questo periodo il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria pronuncia la khùtbah, che passa alla storia come la Khùtbah di Tabūk, che è un capolavoro di sintesi degli aspetti fondamentali dell’Islàm. Il Testo [arabo] della Khutbah di Tabūk è pubblicato nel n° 21 dei Quaderni Islamici, con la sua traslitterazione fonetica, il significato in italiano dei suoi articoli e con la sintetica spiegazione degli stessi.

N.° 197

Ràgiab
1437
Aprile
2016

Sfoglia on-line

Scarica PDF