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LA PRIMAVERA ARABA

Durante gli ultimi 20 mesi si sono verificati nella sponda meridionale del Mar Mediterraneo eventi di straordinaria importanza sul piano geo-politico e ancora oggi la situazione è fluida.

Per questi eventi è stata coniata dai mass media occidentali l'espressione poetica e suggestiva di PRIMAVERA ARABA.

Non sarà, Allàh volendo, inutile ricapitolarli in una breve sintesi, per fermarne il ricordo complessivo nella memoria, ma prima è necessario, ai fini di avere del fenomeno una visione realistica delineare lo sfondo storico-politico entro il quale esso si è prodotto.

Non è il caso di spendere parole per dimostrare ciò che la storia del secolo scorso spiega con chiarezza e cioè che le "democrazie parlamentari" europee, dopo essersi politicamente ritirate dalla dominazione diretta delle aree che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo hanno continuato ad esercitare il loro dominio sotto il profilo ideologico, politico e militare cioè quello del dominio dell'uomo sull'uomo in funzione della conservazione dei loro interessi materiali.

Le popolazioni di quelle aree avevano opposto una indomita resistenza al dominio delle potenze coloniali europee, ma contro la forza la ragione non vale e per decenni il colonialismo non ha trascurato sforzi per addomesticare i sudditi coloniali. Quando gli esponenti del colonialismo scoprirono che i loro sforzi erano vani, presero ad allevare una classe di cooperatori locali, ligi alla dottrina del dominio dell'uomo sull'uomo, la dottrina politica dei loro padroni.

Si vennero a formare in quei paesi delle classi di potere che subentrarono al padrone straniero nell'esercizi del dominio dell'uomo sui loro popoli attuando lo strumento tipico del potere, che è quello del rendere difficile il facile, mediante l'inutile, affamando la gente, arricchendosi con lo sfruttamento selvaggio a proprio vantaggio delle risorse naturali dei loro paesi, nell'interesse del padronato occidentale e la creazione di conti miliardari all'estero e quant'altro necessario ad assicurarsi una vecchiaia tranquilla, una volta esaurito il loro mandato.

E siccome l'appetito viene mangiando e l'uomo non è mai sazio di potere e di denaro, per il mantenimento dello status in quo, non poteva essere, certamente, la democrazia, che si fonda sulla sovranità popolare che si manifesta attraverso libere elezioni, lo strumento di conservazione del potere. Ecco, quindi, le dittature legittimate da elezioni farsa i cui risultati vestono chiaramente la forma di plebisciti popolari coatti. Un giorno tra un italiano e un proveniente dalla sponda sud del mediterraneo si svolse questo eloquente dialogo. L'italiano dice: "Noi, dopo poche ore dall'apertura delle urne, sappiamo già il risultato delle elezioni!". L'altro: "Voi siete indietro! Noi lo sappiamo prima che vengano aperti i seggi!".

Le dittature sono sostenute dalle democrazie occidentali, perché esse garantiscono la conservazione dei loro interessi e non importa se i popoli di quei paesi soffrono la fame, sono vittime della corruzione, della burocrazia governativa; non importa se l'ingiustizia si respira nell'aria, se il dissenso e la protesta vengono repressi brutalmente, se la religione viene manipolata e la religiosità viene scoraggiata, confinata nel privato, accusata di essere nemica del progresso. Le moschee vengono aperte all'orario della preghiera e chiuse subito dopo, è proibito portare la barba per l'uomo e il higiàb per la donna e altro ancora di disonorevole e disgustoso.

La violenza fisica e ideologica del potere, il vento del neo-colonialismo consumistico diventano insopportabili soprattutto perché alla rappresentazione di paradisi terrestri non corrisponde la possibilità di entrarci ed essi sono uno schiaffo alla miseria. Si viene a creare in quei paesi un clima esplosivo, che per deflagrare ha bisogno soltanto di una scintilla, come l'accensioni di un fiammifero n una polveriera.

La scintilla scocca in Tunisia nel dicembre di due anni or sono. Un venditore ambulante, di nome Mohamed Bouazizi, per protestare contro il sequestro della sua mercanzia da parte della polizia si dà fuoco. Hanno inizio manifestazioni di protesta di intensità crescente contro il venticinquennale governo dittatoriale di Ben Alì, impossessatosi del potere con un colpo di mano facendo dichiarare incapace di intendere e di volere il presidente Bourghiba, fondatore della Repubblica. Vista la mala parata Ben Alì prende il largo, rifugiandosi in Arabia Saudita.

La stessa cosa si verifica, quasi come un effetto domino, in Egitto dove un giovane di nome Khalid Said viene ucciso dalla polizia mascherando il misfatto diretta a chiudere la bocca da cui esce una voce di pesanti critiche a regime dittatoriale di Mubarak con l'accusa di consumo e spaccio di droga. Hanno inizio le manifestazioni popolari che con crescente intensità determinano la caduta di Mubarak, l'assunzione del potere da una Giunta militare, le elezioni del parlamento dove i partiti musulmani, raccolgono la maggioranza dei voti popolari.

Similmente in Libia dove la trentennale dittatura gheddafiana viene annientata da una insurrezione popolare, sostenuta dall'Occidente per regolare conti in sospeso con Gheddafi, la cui uccisione da prigioniero è avvenuta, probabilmente su mandato, al fine di evitare la divulgazione di relazioni scomode di potentati europei con il dittatore. E oltre a ciò per il fatto di fare bottino del petrolio libico.

La stessa ventata di insurrezioni popolare si è estesa allo Yemen per rimuovere una pluriennale dittatura.

I "signori nascosti dietro i troni" si sono accorti che i loro fantocci, appropriandosi dei loro vizi, non erano più in grado di governare i loro popoli, per cui hanno favorito i movimenti di contestazione popolare contro la violenza poliziesca nella repressione delle manifestazioni di dissenso, l'ingiustizia, la miseria, la corruzione, la violazione dei più elementari diritti umani. Duemila e rotti anni di dominio dell'uomo sull'uomo hanno insegnato ai circoli di potere occidentali che, quando un "nemico" non sei in grado di vincerlo, la saggia risoluzione è quella di "allearti" a esso, per poi condizionarne la condotta.

E questa è la politica europea nei confronti della cosiddetta "primavera araba" : appoggiare gli insorti per condizionarli per quanto possibile.

I popoli messi in ginocchio dalla disastrosa politica economica delle classi dominanti si è affidata ai partiti di ispirazione islamica e certamente i responsabili politici di essi hanno il faticosissimo compito di riportare i loro popoli a una condizione di umanità e di giustizia e progettare una politica internazionale che li faccia uscire da una condizione di sudditanza portandoli a una condizione di parità nella dignità di stati sovrani nella comunità internazionale.

In questo loro difficile compito, ma nulla è facile se non ciò che Allàh, l'Altissimo, rende facile, non mancheranno gli ostacoli, ma questi dirigenti, a cui Allàh ha affidato il compito di ristabilire la giustizia e l'ordine, non dovranno scoraggiarsi, pensando alla promessa di Allàh: "se sarete credenti avrete voi il sopravvento".

Situazione anomala è quella della Siria, dove da oltre un anno il regime dittatoriale del vertice politico della setta alaouita, appartenente alla costellazione delle sette che si dipartono dalla dottrina Shihìta dominante in Iràn, governa il paese per mezzo di un partito di ispirazione marxista, conduce una repressione inaudita delle proteste popolari, a tal punto da determinare la costituzione di un libero esercito siriano.

Nonostante i massacri di civili da parte dell'esercito lealista e delle milizie assadiane le potenze occidentali, che pure condannano la ferocia con cui le strutture del potere assadiano cerca di salvare se stesso, tentennano, per la forte preoccupazione che la caduta di Bashàr al-Assad metta in pericolo gli equilibri geo-politici dell'area medio-orientale, inserendo un fattore di forte instabilità, come temuto, probabile effetto di un sopravvento delle forze combattenti di ispirazione islamica della maggioranza sunnita, nell'attuale situazione, che rasenta la definizione di "guerra civile".

Non è improbabile che il temporeggiare occidentale, e il suo stare a guardare, serva a che si producano in Siria condizioni tali da rendere impossibile una riconciliazione tra le forze in lotta e, quindi, inevitabile una sua frantumazione territoriale. E ciò con il probabile obiettivo di dare vita a un piccolo stato dell'attuale robusta minoranza Alaouita.

La denominazione, che fu data dai Francesi (Alaouite), non si riferisce all'Imàm Ali bin Abi Tàlib ma a un certo imam sciita, che faceva di nome Ali Nusàyr, da cui il nome proprio della setta, che è Nusayrita ed è diffusa in Siria e in Libano. La setta, che nell'area di sua maggior densità ebbe un potere amministrativo al tempo della dominazione mandataria francese dopo la prima guerra mondiale, sta difendendo con le unghie e con i denti con eccidi e stragi di diversamente da essa credenti tali da rendere impossibile una riconciliazione e se il clan nusayrita degli Al-Asad dovesse essere rimosso dal potere, l'unica soluzione praticabile, dome detto dianzi, sarebbe il frazionamento della Siria in minuscoli stati a sovranità limitata, con la benedizione dell'establishment socio-politico militare sionista nella Palestina occupata, con denominazione Israele.

In questi giorni tra le nostre preghiere rivolte ad Allàh, sia gloria a Lui l'Altissimo, c'è quella di dare ai suoi Fedeli la Pazienza nel sopportare la prova e la Vittoria finale sulle forze del male.

Allàh, in ogni caso, è Colui che conosce di più e a Lui, il Signore di tutti gli universi, appartiene la Lode.

N.° 173

Shawwàl 1433
Agosto 2012

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