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La Misericordia nell'Islàm

Il valore dell'uomo non si trova nella sua fisicità, nell'apparenza del suo corpo, fatto di carne e ossa; il suo valore vero si trova in nella sua spiritualità che si trova in quel gioiello interiore, dove ci sono i sentimenti, dove si provano le emozioni e dove nascono la sofferenza, la misericordia e la pietà: cioè il cuore.

Una particolarità dei credenti è l'avere un cuore sensibile alla sofferenza sia quella delle creature umane sia essa quella delle non umane. È da un cuore sensibile, pieno di ràhmah, che viene messo in moto il sentimento filantropico, per cui, chi lo possiede, aiuta i deboli, ha pietà verso i poveri e compassione per i bisognosi. Un cuore così tiene lontano dagli abusi e dal crimine, per cui chi lo possiede diventa una fonte di bene, di giustizia e di pace per tutti coloro che vivono con lui e che gli stanno vicino.

La misericordia del credente proviene dalla misericordia di Allàh (Iddio). Il credente ha un cuore compassionevole, perché il suo ideale di vita è quello rappresentato dalla Misericordia del suo Creatore, cioè di Allàh (Iddio), avendo egli ricevuto la grazia di conoscere i Nomi Sublimi di Lui**.

La Misericordia divina comprende tutte le realtà del Creato: quelle materiali e quelle immateriali. Essa comprende il credente e il non credente; comprende chi è in terra e chi è in cielo; comprende la vita terrena e quella dell'Aldilà. Il Profeta, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, i suoi Compagni, che Allàh si compiaccia di loro tutti quanti, avevano ben presente questo significato.

Il Profeta, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, nell'esercizio della sua missione di magistero, aveva l'arte di utilizzare anche eventi occasionali, da cui trarre argomento per insegnare i principi e i significati che egli voleva che i Suoi Compagni apprendessero.

Un giorno, mentre era al mercato con alcuni Compagni, Il Profeta, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, vide una donna, sul volto della quale si leggeva disperazione e dal comportamento della quale si capiva in modo inequivocabile che essa aveva smarrito qualcosa di molto importante per lei e ne, disperatamente, era alla ricerca; e anche i Compagni che erano con lui notarono la donna. A un certo punto il viso della donna si illumina di gioia si china, prende tra le braccia un bambinello e se lo porta al seno allattandolo, mentre sprizza felicità da tutti i pori della pelle.

Il Messaggero di Allàh, lo benedica Allàh e l'abbia in gloria, rivolto ai Compagni, che avevano assistito alla scena, disse: "Quella donna - secondo voi - lo getterebbe il suo bambino nel fuoco?". I Compagni, che Allàh si compiaccia di loro, risposero a una voce: "No, di certo!". A questo punto il Profeta, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, disse: "Allàh (Iddio) è infinitamente più misericordioso verso i Suoi servi di quella donna verso il suo bambino".

Dopo il nome di Allàh, rifulga lo splendore della Sua Luce, il nome più importante e proprio esclusivamente di Lui è Il sommamente Misericordioso, nome che, unitamente a Il Clementissimo, forma la coppia di nomi più famosa e usata nel Sublime Corano, del quale ben 113 Sure (Capitoli del Sublime Corano) su 114 hanno in epigrafe la formula Nel nome di Allah, il sommamente Misericordioso il Clementissimo, il nome della quale è: al-bàsmalah.

Il fedele musulmano fa complessivamente diciassette ràk‛ah nei cinque riti di adorazione quotidiani obbligatori (fàrd) e siccome in ogni ràk‛ah la bàsmalah viene pronunciata due volte egli la pronuncia trentaquattro volte al giorno. Se, poi, oltre ai cinque riti di adorazione obbligatori, il fedele musulmano esegue anche i riti super-erogatori, come li eseguiva il profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, cioè compie, come si dice in breve, la Sùnnah, il numero raddoppia; e se, poi, fa anche il tahàggiud (un rito d'adorazione nel cuore della notte, costituito da un minimo due ràk‛ah a un massimo di otto), ancora molto di più.

Questi due nomi santissimi [il sommamente Misericordioso il Clementissimo] suggeriscono al credente una linea di condotta ricca di misericordia e di clemenza. Il grande Imam al-Ghazāli, in un suo libro [AL-MAQSID AL-ASNA FI ASMĀ‹i ALLAHi L-HUSNĀ], in cui spiega i Bellissimi Epiteti di Allàh, dopo aver dato il significato del nome Il Misericordioso, ha osservato che una persona, che porta il nome teoforo di àbdu-r-Rahmàn appartiene al novero di coloro i quali, per grazia divina, predicano la misericordia, consigliano il percorso della bontà senza durezza, considerano i peccatori come destinatari della loro missione di ordinare il bene e proibire il male, in modo compassionevole, senza risparmiare qualsiasi sforzo al fine di rimuovere la trasgressione, per quanto in loro potere. Una persona di nome Servo del sommamente Misericordioso non lascia i bisognosi nella loro condizione di bisogno, avendone le possibilità; e se non è in grado di aiutarli dal lato materiale, li aiuta dal lato spirituale e della religione.

Il credente è sempre consapevole di essere bisognoso della misericordia dell'Onnipotente e sa, perfettamente, che, esercitando la misericordia in questa vita terrena potrà sperare di ottenere, non senza la Misericordia di Allàh, il permesso di entrare in Paradiso in quella futura.

"Abbi misericordia nei confronti di chi cammina sulla terra, se vuoi che chi siede in cielo abbia misericordia nei confronti di te".

L'esercizio della misericordia da parte del fedele musulmano non si limita ai suoi compagni di fede, ma si estende a tutte le creature, umane e non umane e alla natura. Dare da mangiare e da bere a quelle bestie, la sopravvivenza delle quali dipende dall'uomo, che ne è responsabile, è un atto di misericordia, per cui il timore di Allàh (Iddio) rende attento il fedele musulmano a rispettare questo suo dovere. Il Profeta, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, disse ai suoi Compagni, che Allàh si compiaccia di loro, che il Paradiso ha aperto le sue porte a un uomo che dissetò un cane morente di sete, perché Dio gli perdonò tutti i peccati; e che il fuoco ha aperto le sue porte a una donna, che, avendo tenuto chiuso in gabbia il suo gatto senza dargli da mangiare, ne ha causato la morte d'inedia. Se c'è un inferno per chi ha fatto morire di fame un gatto, quale inferno sarà la punizione di coloro che tengono rinchiuse decine di migliaia di creature umane solo perché dicono: Il nostro Signore è Allah?!.

Un uomo disse: "O Messaggero di Allah, io sono misericordioso verso la pecora, per cui non sono capace di macellarla". Il Profeta, che Allàh lo benedica e l'abbia in gloria, disse: "La misericordia è un dono di Allàh (Iddio)".

Gli storici dicono che ‛Amr ibn al-Ās, il grande condottiero musulmano, che Allàh si compiaccia di lui, quando, attraversato il Sinai, entrò in Egitto alla testa della piccola formazione di combattenti per la libertà dell'uomo dal dominio dell'uomo, prima di liberare il paese dal dominio dell'Impero dei Bizantini, che da tempo lo dominava, mise il suo accampamento in un luogo nei pressi del Nilo (dove oggi sorge il Cairo). Accadde che una colomba facesse il suo nido proprio sulla tenda (in arabo: fustāt) del condottiero. Quando al condottiero, che aveva deciso di muovere il campo per affrontare l'armata bizantina, fu detto che una colomba aveva fatto il nido sulla sua tenda, egli disse: "Lasciate la tenda e non disturbiamo la colomba!". In Quel luogo sorse, poi, la città denominata Al-Fustāt (oggi il vecchio Cairo).

(continua)

N.° 174

Thul-Qada 1433
Settembre 2012

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