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La grande Moschea
di Milano e l'islamofobo

Un certo signor Marco Alloni, che scrive sul Corriere del Ticino, è talmente invasato dalla coppia demoniaca, che risponde ai nomi di xenofobia e razzismo, da perdere il lume della ragione, quando ode la parola Moschea.

Quando è in queste condizioni di alterazione mentale, il signor Marco Alloni si esibisce in variegate esternazioni islamofobiche, facendo sfoggio di saccenteria para-filosofica, come vedremo, in appresso, nella premessa, del suo sproloquio sulla “grande Moschea di Milano” probabilmente non primo, ma certamente non ultimo, come si può desumere dall’acredine del suo elaborato.

Con un inequivocabile animus offendendi il signor Marco permette di bollare di scelleratezza l’eventualità che la giunta Pisapia conceda ai “Fratelli Musulmani” di contribuire alla nascita della grande Moschea di Milano, cioè di compiere azione criminale empia e nefanda! Tale, infatti, nella lingua italiana è il significato di scelleratezza. Il sindaco di Milano e i componenti della sua giunta sarebbero degli scellerati, cioè colpevoli di delitto esecrando! La scelleratezza del Sindaco e dei suoi assessori, poi, secondo Alloni, mette in luce anche la loro imbecillità, perché non sono intellettualmente in grado di comprendere la differenza tra un “atto libertario” e un atto che è “la negazione del principio di relativismo che contraddistingue la sinistra europea dal suo nascere”, La frase virgolettata c’entra come i cavoli a merenda, come antitesi della espressione “atto libertario”, Trattasi di vaneggiamento, che, frutto dell’accecamento derivante dalla coazione a demonizzare l’Islàm, prosegue nel fraseggio successivo nell’affermazione dogmatica che “lo spirito democratico si fonda sul crinale fra tolleranza e intransigenza. frase che suona bene all’orecchio, ma non significa niente, se si mette a fuoco l’immagine, che è sballata dal punto di vista tridimensionale, dato che lo “spartiacque” che Alloni chiama erroneamente crinale non è né tollerante né intransigente. Frasi come “si può tollerare il tollerabile, ma nessuna cultura libertaria può spingersi a rinunciare all’intransigenza verso l’intollerabile” rivelano che nel cervello dell’Alloni il concetto di tolleranza ha la caratura che essa aveva nel medioevo europeo permeato dal fanatismo cristiano, dove l’abominevole presenza dei Giudei “deicidi” era “tollerata”, vale a dire la loro presenza era una “grazia” loro concessa dal monarca, o dal signore di turno, una concessione filantropica, senza diritti e con limitazioni abominevoli, fino a che faceva politicamente comodo, per motivi finanziari o per fare da capro espiatorio. Questo appare essere il significato che Alloni attribuisce alla parola tolleranza da cui trae l’aggettivo tollerabile e il suo contrario, cioè intollerabile. Qui casca l’asino. La tolleranza, con significato giuridico, nell’età moderna, è un aspetto della politica statale, che ammette la libera manifestazione di tutti i culti e di tutte le confessioni ed è divenuto, infine, uno dei pilastri del liberalismo, trovando sanzione in tutte le legislazioni del XIX secolo, in cui vennero formalizzati diritti e doveri. Non c’è spazio per il concetto di intollerabilità perché l’intollerabile in un sistema democratico è la violazione di norme giuridiche, vale a dire compimento di attività previste e punite dal codice penale. L’intollerabile ha un nome preciso: contravvenzione, delitto, crimine! Se quanto appena detto è vero, come è vero, fa a pugni con la retta comprensione della realtà la sentenza di Alloni che suona: Come la libertà, anche la tolleranza ha un limite. “E il limite di tollerabilità della Fratellanza musulmana deve essere posto fuori da ogni retorica dell’accoglienza e di un aprioristico rispetto della alterità”. Ecco introdotto un soggetto da demonizzare di sghembo: la Fratellanza Musulmana. Di essa egli, aprioristicamente, e “con sicumera, fuori da ogni retorica dell’accoglienza e di un aprioristico rispetto dell’alterità”, afferma, furbescamente, il limite della tollerabilità. Poi, dopo aver lanciato il sasso, nasconde la mano, passando ad altro. “I piani – dice Alloni - vanno distinti: un conto è accogliere l’Islam e i musulmani, altra questione assumere l’Islam politico, il salafismo e il jihadismo come espressioni culturali compatibili con la tradizione illuministica europea”. Ma dove è andato a pescare, se non nella sua mente fradicia di razzismo islamofobico, l’idea che la concessione del permesso di costruire la Moschea di Milano significhi aver assunto l’Islàm politico, salafismo e gihadismo, come espressioni culturali con la tradizione illuministica europea”. Che c’entra la tradizione illuministica europea? Poi con un salto di palo in frasca passa al relativismo, di cui espone il dogma: “Il relativismo è fondato su un paradosso irrinunciabile: o è assoluto o non è. Nell’assolutismo del relativismo non c’è spazio per il rispetto non reciprocato. E qui introduce, sempre di sghembo il rispetto della reciprocità, cavallo di battaglia dell’ignoranza del significato di diritto internazionale del concetto di reciprocità mascherato nella formula “rispetto reciprocato”. Il vaneggiamento continua, anche con error calami dovuto all’ansia di esprimere in maniera quanto più possibile concentrato il suo odio verso l’Islàm, quando scrive “Se non teniamo conto di tale apparente aporia non capiamo alcunché. Soprattutto non comprendiamo che sostenere la costruzione di luoghi di culto adeguati per i musulmani d’Italia [non] equivale a soprassedere [compiendo una scelleratezza!] su quali frange della galassia islamica li sostengano”. E a questo punto con una giravolta arlecchinesca si affretta a segnalare al lettore l’esistenza di suoi concorrenti nella corsa nella demonizzazione dell’Islàm, di cui però denuncia l’inadeguatezza, in quanto essi due circoscrivono il problema ai suoi epifenomeni!!! In sostituzione della stantia problematica dell’integrazione Alloni propone il problema in termini di “compatibilità culturale” e canna, poi, sempre nel suo fervore islamofobico confondendo il caso Abu Imad e il caso Abu Omar [due casi dei quali è legittimo il sospetto che i due esponenti di Viale Jenner siano estranei ai fatti loro ascritti], richiamati per poter somministrare il sospetto che sarebbe cosa scellerata radicare sul territorio italiano luoghi suscettibili di “infiltrazioni qaedìste e gihadìste” e potenziali fattori di rischio di conflitti inter-religiosi, tra i quali non poteva mancare lo spauracchio dell’anti-semitismo e dell’antisionismo. Dopo tutta questa delirante cavalcata di fantasticazioni finalmente Alloni arriva al punto, definibile con il detto latino venenum in cauda: IL PENSIERO UNIVOCO! Cos’è il pensiero univoco? È “l’ideologia che ha trovato nella scriteriata governance di Morsi il suo modello ideale e pone a suo fondamento quella stessa discriminazione che caratterizza ogni totalitarismo e ha prodotto, in un solo anno, la più straordinaria opera di repressione nei confronti dell’alterità – e dunque del relativismo – che sistema di governo abbia mai conosciuto, almeno in Egitto. In perfetta antitesi con il principio culturale e politico che trova nel pluralismo il suo nume tutelare e nella democrazia la sua realizzazione – e che dall’Illuminismo in poi è cifra dei popoli d’Europa – il pensiero univoco è la grande insidia da cui dobbiamo stare in guardia”. Questa chiusa dell’articolo mette in evidenza il livore anti-islamico di tutti i cervelli imprigionati nel pensiero univoco partorito dall’oscurantismo illuministico.

N.° 183

Rabì II° 1435
Febbraio 2014

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