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La bambina
di Malik bin Dinàr

Di Sara Hima
Si racconta che nel passato un uomo della seconda generazione dei devoti musulmani [aṣ-ṣàliḥu-s-ālaf] disobbediva ad Allah Ta’ālā: beveva ed era un gran peccatore. Quell’uomo aveva una figlia, che lui amava molto con un affetto tenero e profondo, la quale, quando lui voleva bere, era lei che gli riempiva il bicchiere.  A cinque anni la bimba morì e l’uomo, profondamente scosso e afflitto, si mise a bere ancora di più e a tal punto che si addormentava ubriaco.
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Il sogno è la quarantesima parte della “profezia” e tramite il sogno Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, manda messaggi che chi li sogna deve saper decifrare e l’uomo una notte fece un sogno, che lo fece svegliare terrorizzato, madido di sudore e con il volto rigato di lacrime. Il sogno gli fece prendere la ferma decisione di pentirsi, si pentì divenendo così uno dei grandi virtuosi. Quell’uomo era Malik ibn Dinar. Appartenne alla generazione successiva a quella educata dal Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria e mori all’incirca nel 130 dopo l’Egira. Dopo il suo pentimento ebbe grande fama per la sua pietà, la sua vasta scienza, il suo ascetismo, la sua astinenza e la sua rinuncia al materialismo di questo basso mondo. Gli chiesero, un giorno, come mai all’improvviso la sua vita era cambiata così radicalmente ed egli raccontò che fu un sogno a fargli cambiare il suo comportamento con la stessa differenza che c’è dalla notte al giorno.
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Mi vidi in mezzo a una moltitudine infinita di uomini e di donne e pensai che fossero le genti che, uscite dalle loro tombe, per il giudizio universale. All’improvviso udii un rumore alle mie spalle, mi voltai e vidi un serpente smisurato, che con le sue immense fauci spalancate, si dirigeva verso di me..
Preso dal terrore, mi misi fuggire a gran velocità e nella mia fuga passai davanti a un vegliardo, vestito di bianco, che emanava un gradevole odore. Io, dopo averlo salutato, gli chiesi di aiutarmi a liberarmi da quel mostruoso serpente, ma il vegliardo, che per l’età avanzata nulla poteva fare per aiutarmi, mi diede il consiglio di correre più veloce, dicendo alla fine: “può darsi che così tu possa sfuggire al serpente!”.  Io, allora, ripresi a fuggire, raddoppiò la sua velocità e, sempre inseguito dal serpente, giunsi in un luogo dove ardeva un fuoco immenso e tale era la mia velocità che corsi il rischio di finirci dentro tanto la mia paura e il mio terrore erano grandi.
A quel punto udìi una voce che gridava: “Torna indietro, tu non fai parte di queste genti!”. Mi calmai e ritornai sui miei passi, ma il serpente continuava a inseguirmi, non lo mollava mai. Ritornato che fui presso il vegliardo, gli chiesi di proteggermi, ma quello si mise a piangere e mi disse: “Mi spiace, sono troppo debole!”. Ciò detto, però, mi consigliò di andare verso una montagna, dove si trovavano i bambini dei musulmani morti in tenera età e mi disse: “Se tu vi hai qualcuno, potrebbe aiutarti”. Alzai lo sguardo in direzione della montagna e vidi un paesaggio di una bellezza mai vista. Corsi in quella direzione, mentre il serpente era sempre alle mie calcagna.
Quando fui vicino alla montagna, un angelo esclamò: “Levate i veli, aprite le grandi porte, mostratevi. Possa questo povero miserabile uomo, trovare il figlio che ha perduto e che lo protegga dal suo nemico!”. I veli si tolsero, e le porte si aprirono. Dei piccoli bimbi, belli come la luna, mi vennero incontro e quando videro il serpente avvicinarsi a me gridarono: “vieni qui!”. Essi avanzarono gli uni dopo gli altri e tra loro c’era anche la mia bambina. Ella, appena mi riconobbe iniziò a piangere e disse:
“È mio padre, lo giuro per Allah, è il mio caro papà!”. E, detto ciò, si gettò tra le mie braccia. Poi, prese la mia mano destra e la strinse nella sua mano sinistra; poi alzò la sua mano destra in direzione del mostruoso serpente e lo mise in fuga; poi mi fece sedere vicino a sé e mi disse:  “Padre, non è venuto il tempo per coloro che sono credenti, di avere i loro cuori pieni di umiltà e di timore per evocare Allàh, l’Altissimo?”.
A queste parole, scoppiai in lacrime. Poi, sempre piangendo, le domandai: “Ma, voi che siete qui, conoscete il Corano?”. Ella rispose: “Noi lo conosciamo meglio di voi”. Più calmo, ora, le chiesi di spiegarmi cosa volesse dire il serpente che mi inseguiva senza posa. Ella mi disse: “Sono le conseguenze delle tue cattive azioni, che tu hai moltiplicato, cioè i tuoi peccati e l’alcool che bevevi. I tuoi atti stanno tentando di gettarti nel fuoco dell’Inferno”.  Le chiesi anche del vegliardo. E lei ancora rispose: “Sono le tue buone azioni, che tu hai indebolito al punto di non poter più venirti in aiuto per sormontare le tue cattive azioni”.
Fratelli e Sorelle, vi esorto a prendete esempio da Malik bin Dinār, che Allàh si compiaccia di lui, e che Allah l’Altissimo vi usi misericordia. Amin!
Allàh ta^ala impartisce all’uomo delle lezioni di morale, annuncia buone novelle, offre avvertimenti, perché siano una causa del suo pentimento. I segnali sono numerosi, ma gli uomini che traggono lezioni da essi, lo sono di meno. Allora, sta a noi di comprenderli e pentirci, prima che venga un giorno dove il rimpianto non sarà di alcuna utilità. Facciamo in modo di avere un pentimento, una obbedienza e una provvista per l’Aldilà e sta a noi di apprendere ciò che Allàh ta^ala ci ordina d’imparare, perché il ricercare la scienza della religione è meglio che tutto quello che consacriamo di tempo a cose inessenziali ai fini della salvezza dal fuoco.

n.d.t.
Bàraka-llahu fi-kum,
wa ‘alay-kumu s-salàm wa ramatu-llahi
wa barakatu-Hu. Fi amanii-llah.

Sara Hima
(Il testo è stato manipolato da ‘àbdu-r-Rahmàn)

N.° 189

Safar
1436
Ottobre/
Novembre 2014

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