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LA GIOVENTÙ
DELLA TESTIMONIANZA

La gioventù della Testimonianza è la gioventù cresciuta al tempo del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, agli albori dell’Islàm, di cui, nei racconti della Tradizione, emerge il vero spirito dell’Islàm, frutto dell’educazione ricevuta dai loro genitori, a loro volta istruiti ed educati alla Scuola del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Quei genitori inculcavano nei giovani cuori dei loro figli l’importanza delle pratiche dell’Islàm. È per questo lavoro dei genitori, consapevoli della parola di Allàh, rifulga lo splendor della sua Luce [o voi che credete, preservate voi stessi e le vostre famiglie dal fuoco] che l’Islàm divenne in essi, crescendo, una seconda natura. È, infatti, nel periodo in cui il bambino apprende a parlare e non dimentica più la lingua materna che il bambino facilmente acquisisce per imitazione i valori dell’Islàm e li interiorizza, facendone, a sua insaputa, la struttura portante della sua identità islamica, in cui realizzerà la sua esistenza, con quasi certa prospettiva di successo nella vita futura. Come disse il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria [In verità, le porte del paradiso sono sotto i piedi della mamma] per cui una bimba, chiede insistentemente alla mamma: “Mamma, fammi vedere sotto i piedi!” e la mamma: “Perché ?”. E la bimba: “Voglio vedere le porte del Paradiso!”. E non c’è più pericolosa agevolazione a Shaytān, quando nel vedere un fanciullo o un bambino fare qualche azione meritevole di biasimo il genitore se la cava dicendo: “Non è che un bambino!”. E ci sono anche certi genitori che sono contenti quando il figlio compie qualche marachella. Male! Molto Male! Essi si ingannano, quando, vedendo il figlio fare qualcosa che è fuori dalla linea di condotta islamica, dicono: “È piccolo, crescendo migliorerà!”. Viviamo in un tempo nel quale da ogni parte Shaytān è all’attacco nella società in cui viviamo, nella quale più che l’essere conta l’avere, nella quale tutti pretendono diritti, ma di doveri si parla poco o non si parla addirittura. La filosofia di vita dell’ambiente inculca a ogni livello sociale una concezione falsa dell’esistenza che si diffonde per assimilazione e alla cui infezione abbiamo il dovere di sottrarci per difendere la nostra identità e l’identità dei nostri figli. La lotta, perché di lotta si tratta, in difesa dei nostri valori morali e religiosi, ha da essere intrapresa, dove essa può avere probabilità di successo. L’ambiente familiare. È una pagina a firma di Carlo Imbonati, probabilmente un <nom de plume>, su una nota rivista del novembre di 40 anni fa [La cucina italiana] in un articolo intitolato DA DOVE COMINCIARE che ha tutti i tratti della pedagogia islamica, egli scrive: “La battaglia del risanamento ha da cominciare con i figli molto giovani, quando sono ancora ragazzi; non ci si deve far ricattare dei loro capricci e non s’ha da abituarli, in nome di psicologie permissive, che oggi denunciano il loro fallimento o, addirittura, apertamente, i loro errori, ad avere tutto perché non abbiano <complessi>. Non bisogna aver paura a dire di no, perché, oggi, a furia di cedimenti e di compromessi vorranno fumare a 13 anni, drogarsi a 15 e finire sempre peggio. E anche senza arrivare a questi eccessi, molti figli viziati finiranno – anche contro loro voglia – per ritorcere contro i loro genitori i risultati nefasti della falsa liberalità e del falso permissivismo, di cui essi hanno goduto. Oggi, ognuno deve riassumere, specialmente nella famiglia, il proprio ruolo paterno o materno: troppi padri e troppe madri si sono <dimessi> dal ruolo paterno e materno e i figli, giustamente, non possono avere stima per i genitori dimissionari dal loro compito e in crisi di identità. La rinascita morale e il rovesciamento della tendenza disgregatrice della nostra società, se non comincia dal fondamento della famiglia, non ha alcuna probabilità di riuscita”. Una fotografia precisa della società in cui viviamo nella quale “molti vizi antichi dell’uomo, come la volontà di giustificare il proprio comportamento, di rendere lecita ogni deviazione, di “santificare” in nome della cultura, ogni più aberrante comportamento”, sono la causa più grave del disorientamento e della diseducazione della gioventù, che stanno progressivamente inquinando rovinosamente la società. La presa di coscienza del pericolo ambientale quotidiano a cui sono esposti i nostri figli deve richiamare l’attenzione del genitore musulmano sull’ammonimento coranico: “O voi che credete, preservate voi stessi e le vostre famiglie dal fuoco”. Il genitore musulmano ha il dovere di educare i suoi figli a comportarsi islamicamente, ha il dovere di istruirli seminando nei loro cuori l’Islàm e l’Imàn fino dalla loro tenera età. I Compagni del Profeta, che Allàh si compiaccia di loro, furono molto attenti e coscienziosi nell’educare i loro figli alle pratiche dell’Islàm e si distinsero nell’osservanza di questo loro dovere. Tanto è vero che numerosi furono gli episodi in cui i figli dei Sahàba, che Allàh si compiaccia di loro, ancor giovinetti dimostrarono l’amore per Allàh, rifulga lo splendor della sua Luce, e il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, che i loro genitori avevano seminato nei loro cuori, con le loro parole e con il loro comportamento. Così, oggi, nel contesto sociale in cui viviamo, abbiamo il dovere di offrire a questo Paese una gioventù consapevole della propria identità islamica e orgogliosa di essa e preparata a poter essere la Gioventù della Testimonianza che non c’è Divinità tranne Allàh e che Muhàmmad è l’Apostolo di Allàh con la loro parola e con il loro comportamento rispettoso in primo luogo di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, mettendo in pratica il Sublime Corano, e del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, mettendo in pratica i suoi precetti, nella cui osservanza si realizza la vera pace sociale e la convivenza civile nel contesto pluralistico della società in cui viviamo.

N.° 204

Giumada I
1438
Febbraio
2017

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