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L’ISLÀM È PIÙ AVANTI

FINE VITA
Mentre nei cassetti del Senato giace il provvedimento della Camera che approva il disegno di legge relativo al bio-testamento, il Papa in un suo messaggio inviato al convegno promosso dalla Pontificia Accademia per la vita ha chiesto “di sospendere le cure se non proporzionali” con invito “a un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono pesanti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona”. Si tratta di un efficace giro di parole che in sostanza, mettendo all’indice il cosiddetto <accanimento terapeutico>, mantiene la riprovazione dell’eutanasia. Il noto quotidiano nazionale <la Repubblica> titola in prima pagina: “La svolta di Francesco: Non è eutanasa lo stop a cure inutili”. In terza pagina viene dato rilievo all’esternazione del Signor Englaro, il padre di Eluana, la vittima di un incidente stradale rimasta in coma irreversibile per otto anni e mantenuta in vita artificialmente, fino a quando a Udine poté lasciare questo mondo. Dice il signor Englaro: “Il Papa è andato più avanti di tutti!”. Non possiamo negare che il Papa – che viene dai seguaci di Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti - con un sottile distinguo ha messo fuori gioco gli “oltranzisti” della difesa della vita, dando la birra agli oppositori della legge relativa al <testamento biologico>, che fino a questo momento hanno sostenuto che lo staccare la spina equivale a <eutanasia>, ma non possiamo non fare presente che già l’Islàm, da quindici secoli ha messo in evidenza il carattere sacro della vita umana con la Parola stessa di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, quando afferma: “chi toglie la vita a un uomo è come avesse ucciso tutta l’umanità [Corano - V, 32]”. Quando dice di non aver creato l’uomo, se non perché attui la propria autentica identià umana, realizzandosi come persona nell’adempimento dell’ordine divino di non adorare se non il suo Creatore, che è lo scopo della sua creazione. Orbene per la realizzazione di ogni azione in cui si esprime la vita dell’uomo è necessario che l’azione sia preceduta dall’intenzione, sia cioè intenzionale, e che per compiere l’azione, anche solo con il movimento degli occhi essa richiede la consapevolezza per esser <valido atto di adorazione>. La sofferenza, il dolore di cui ogni forma di vita patisce, quando subisce un insulto fisico, è proibito dall’Islàm nei confronti delle bestie, di cui è vietato il maltrattamento, la mutilazione, l’uccisione per scopi diversi dalla necessità alimentare. A maggior ragione è proibito nell’Islam infliggere dolore e sofferenza all’uomo ammalato di malattia inguaribile, quando è alla fine della sua esistenza terrena, con quel complesso di strumenti, che, prolungando artificialmente la <vita vegetativa> e dilazionando l’evento infausto della morte, non sono altro che inutile <accanimento terapeutico>. L’assitenza medica ha la funzione di ripristinare la salute, che è un bene essenziale per attuare i propri doveri religiosi di creatura nei confronti del Creatore, sia nella relazione con Lui, rifulga lo splendor della Sua Luce, sia nell’attuazione dei doveri familiari e sociali che Egli, l’Altisimo, ci ha imposto per la realizzazione della pace con Lui, rifulga lo splendor della Sua Luce, nella famiglia e nella società, come obbedienza alla Sua Parola e agli insegnamenti del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria: in una parola l’Islàm. Morire <naturalmente>, essendo la morte un momento essenziale della vita, è un dovere del Musulmano, il quale sa che, varcata quella soglia, lo attende l’incontro con il suo Creatore, per il quale egli si è coscienziosamente preparato, onde non senza la misericordia di Lui, possa essere ammesso alla beatitudine eterna. La sofferenza è un banco di prova della solidità della fede in Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, a cui Allàh sottopone coloro da cui è amato e che desiderano l’incontro con Lui e che Egli, l’Altissimo, al‑Wadūd ama.


JUS SOLI
Benché la legge internazionale vieti l’ingerenza di uno Stato negli affari interni di un altro Stato non possiamo rilevare che il Papa non solo è Sovrano politico dello Stato Città del Vaticano, che è una Monarchia assoluta, la più antica delle Monarchie superstiti sulla faccia del Globo, ma anche il Capo supemo, l’Archimandrita della Chiesa Cattolica Apostolica, Romana, Trinitaria e Incarnazionista, che è l’< Ecclesia> spirituale di milioni di elettori italiani, i quali sono tenuti all’obbedienza e dei quali sono presenti nel Parlamento, dove si fanno le Leggi della Repubblica, grande numero di rappresentanti politici. Nel secondo ramo del Parlamento, il Senato della Repubblica, sta per essere calendarizzata la discussione sul progetto di legge sul testamento-biologico, già approvata alla Camera dei Deputati, nella discussione del quale gran numero di Deputati non potrà tener conto del pensiero espresso da Papa Francesco. In relazione al potenziale effetto della dichiarazione papale, in favore dell’approvazione della Legge da parte del Senato, è in progetto di mettere in discussione anche la legge della cittadinanza, dello ius soli, contro la quale una certa area del Senato ha anticipato la sua opposizione ad oltranza. È sperabile che il Senato approvi e la Legge diventi esecutiva dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Anche sullo ius soli l’Islam fa lezione da quindici secoli. Il <Dominus>, in quanto Creatore, di tutto l’Universo è Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, e tutti gli uomini sono suoi <servi>, sudditi, che vivono sulla faccia della Terra, che è la <patria> di tutti, in quanto tutti gli uomini sono <figli di Admo>, che Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, creò dalla polvere. I confini sono arbitraria invenzione degli uomini, che pongono limiti a quello che è il diritto naturale dell’uomo, un diritto biologico: quello di muoversi, dato che il Creatore ci ha dato due gambe, per andare in giro sulla Terra alla ricerca della Sua provvidenza. E con il diritto di muoversi è connesso il diritto di considerare sua <patria> il luogo dove è nato, a prescindere dal luogo di provenienza dei genitori, Quando la bambina nata a Bologna da genitori con nomi appartenenti all’onomastica islamica ha letto su un modulo la dicitura: cttadinanza, ha esclamato <italiana>! Purtroppo, ancora non è così. La bambina, nata all’ombra della torre degli Asinelli, parla italiano con accento bolognese, studia nella scuola elementare dello Stato, si sente, naturalmente, <italiana>, ma non lo è! Riflettiamo su questo episodio, che da sé tappa la bocca a certe affermazioni cervellotiche di retroguardia espresse da noti esponenti politici sullo jus soli. L’Islàm non conosce barriere tra gli uomini. Dice Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce: <<<O uomini, vi abbiamo creato da un uomo e da un donna, vi abbiamo organizzato in popoli e tribù, allo scopo che gli uni gli altri vi conosciate, ma sappiate che agli occhi di Allàh il migliore di voi è colui che di Lui è maggiormente timorato>>> [Corano - XLIX, 13]. Si afferma che la battaglia in Senato per l’approvazione dello ius soli sarà una battaglia di civiltà, una battaglia per l’affermazione di un diritto, ritenuto, oggi, irrinunciabile! Ebbene questo diritto <irrinunciabile> è riconosciuto dall’Islàm da quindici secoli. Muri, confini e valli non hanno cittadinanza nell’Islàm, perché strumenti del dominio dell’uomo sull’uomo e l’Islàm ha per bandiera la liberazione dell’uomo dal dominio dell’uomo e il dominio dell’uomo sull’uomo imprigiona l’uomo al territorio con la cittadinanza come lo fu al tempo dei <servi della gleba> e lo è anche oggi in forma diversa, nonostante le suggestioni della globalizzazione.


DIVORZIO
Disse il Profeta, che Allah lo benedica e l’abbia in gloria che la parola <divorzio> è una parola che fa tremare il <Trono>! O come disse, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Difatti, il divorzio è la conclusione di un rapporto intersoggettivo, il rapporto coniugale, il cui regolamento è stato istituito da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, a partire dal matrimonio, su cui si fonda la famiglia, strumento creato da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, per continuare la creazione dell’uomo con modalità diverse da quelle, con cui Egli, rifulga lo splendor della Sua Luce, creò Adamo, su lui la pace, da una costola del quale creò la di lui consorte, Eva, nonostante che Egli, rifulga sempre lo splendor della Sua Luce, in virtù della Sua illimitata Onnipotenza avrebbe potuto farlo. Il matrimonio tra due creature umane di sesso diverso è, quindi, l’istituzione divina, con cui il Creatore volle attuare la conservazione della specie umana, attraverso la famiglia, per il successo della quale stabilì delle regole precise di <divisione del lavoro> tra i coniugi, in funzione dell’armonia del loro rapporto e per garantire alla prole una crescita armoniosa ed equilibrata. Anche la famiglia fondata sul matrimonio è, quindi istituzione divina, a garanzia della cui <sacertà> introdusse nell’ordinamento della vita associata dell’uomo la pena di morte per la sua violazione, l’adulterio. La perfetta conocenza da parte Sua della debolezza della creatura umana, alla quale Egli, rifulga lo splendor della Sua Luce, aveva dato esistenza, oltre alle regole per la costituzione del rapporto istituì le regole per lo scioglimento di esso, nel caso che la relazione intersoggettiva tra i due soggetti di esso si fosse deteriorata al punto di venire meno agli scopi, per cui era stata creata con il matrimonio, rapporto, che pur avendo nel suo momento costitutivo l’intenzione di durare tutta la vita, non veniva elevato a sacramento e gravato del vincolo della indissolubilità sacramentale, proprio per evitare, in caso di rottura tra i coniugi, il persistere di un legame giuridico ormai privo di volontà di convivenza, pieno di conflittualità tra i coniugi con gravi conseguenze dannose, in linea generale sull’equilibrio psichico della prole nella crescita nell’ambito familiare. Ecco l’istituzione del divrzio, mille e quattrocento anni or sono nella normativa del Sublime Corano, che è la fonte prima dell’Islàm, il quale è - per il fatto di avere come sua fonte, la Parola di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce - la forma più alta possibile di civiltà umana, essendo assolutamente inimmaginabile una superiorità della parola dell’uomo-creatura sulla Parola di Allàh-Creatore, rifulga lo splendor della Sua Luce. In Italia il divorzio è stato introdotto il 1º dicembre del 1970 nonostante l’opposizione delle forze politiche rappresentative in Parlamento della conservazione, legate al sacramentalismo matrimoniale della Chiesa, su cui si fonda il concetto dell’indissolubilità del matrimonio, tranne i casi previsti dal diritto canonico. L’introduzione del divorzio fu salutata come una conquista di civiltà, ma anche in materia di divorzio l’ordinamento dell’Islàm, fondato sulla Parola di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, ha preceduto di 1400 anni l’ordinamento italiano, fondato sulla parola dell’uomo. E questo richiamo al divorzio è stato riportato alla ribalta dell’attenzione del lettore, dato che è di questi giorni la sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha accolto il ricorso del signor Berlusconi contro la sentenza del Tribunale di Milano, che lo aveva condannato a pagare un assegno di mantenimento alla ex moglie a seguito della dichiarazione di divorzio da parte del Tribunale di Milano, su istanza della di lui consorte, la signora Veronica Lario.
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I tre argomenti assemblati in questo articolo [FINE VITA, JUS SOLI, DIVORZIO] dovrebbero costituire spunti di riflessione sulla bontà dell’ordinamento della vita dell’Islàm, che si basa su norme che hanno come Autore il nostro Creatore, proprio in questi tempi, in cui l’Islàm è sotto attacco a livello mondiale da parte delle forze, che vedendo bene nell’Islàm il portatore di un ordinamento finlizzato alla realizzazione in tutti i campi del rispetto della dignità dell’uomo, vedono anche nel suo successo la fine del loro dominio, che galleggia su mari di sangue e di lacrime di moltitudini umane da loro sfruttate e oppresse, la dignità delle quali è calpestata dalla loro ingiustizia.

N.° 210

Rabì I° 1439 Novembre-Dicembre 2017

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