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Sura del Furqān

Capitolo venticinquesimo
del Sublime Corano
Sura del Furqān
(sūratu-l-Furqān)

Rivelata alla Mecca, a eccezione delle ayāt 68, 69 e 70, che furono rivelate a Medina. È costituita da 77 ayāt ed è scesa dopo la sura Yā Sīn (sura 36).

””””Quando ti vedono, essi non fanno nient’altro che prendersi gioco di te (dicendo): “È questo colui che Allàh ha suscitato come Apostolo!? (41) Poco mancò che ci sviasse dalle nostre divinità, se noi non fossimo stati saldi nella devozione verso di loro!”. Quando vedranno il castigo, sapranno chi è più errante, quanto a via! (42) Ti pare che tu abbia da essere il protettore di chi ha preso come sua divinità la sua voglia? (43) Oppure ritieni che la maggior parte di loro odano e ragionino? No! Essi non sono che come le bestie, anzi peggio, quanto a via. (44)”””””

Queste ayāt sono emblematiche della situazione, nella quale si trova, il più delle volte, il musulmano, che invita all’Islàm gente legata mani e piedi a credenze illusorie e pratiche religiose dirette a divinità fittizie, le quali altro non sono che nomi. Allàh, rifulga lo splendor della sua Luce, che coloro i quali “sono saldi nella devozione verso le loro divinità fittizie” sono paragonabili alle bestie, anzi, addirittura sono peggio!
Nel Capitolo Settimo del Sublime Corano [Sura delle creste montane] (sūra al-à’rāf), rivelata alla Mecca, tranne le ayāt da 163 alla fine dell’àyah 170, rivelate a Medina, Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, dice:
””””È brutto il paragone per coloro che dichiarano menzogna i Nostri Segni, facendo torto a loro stessi! (177) Quello che Allàh guida, lui soltanto è il ben guidato, mentre coloro che Allàh disvia, quelli là sono loro i perdenti. (178) E Noi creammo per la giahànnam molti individui del genere dei ginn e di quello umano, i quali hanno cuori, con cui però non ragionano e hanno occhi, con i quali però non vedono e hanno orecchie, con cui però non odono. Quelli là sono come le bestie, anzi, son peggio, sono dei noncuranti! (179)”””””
Sono come le bestie, perché le bestie soddisfano l’istinto di conservazione individuale e quello di conservazione della specie inconsapevoli del domani secondo la loro natura, in cui c’è l’istintivo sentore del pericolo e del danno per la loro esistenza, da cui si tengono lontano; l’uomo, che è dotato di intelligenza [per mezzo della quale è in grado di distinguere il bene dal male e di capire ciò che gli è utile e ciò che gli è dannoso] quando vive in modo animalesco è come la bestia, ma essendo uomo è peggio della bestia quando è noncurante della vita futura, perché perde la capacità di capire ciò che per lui è oggettivamente bene e oggettivamente male in questa vita e nella vita futura, per cui è peggio della bestia, cioè: “asfalta safiīn: cioè più sotto di quelli sotto!

N.° 184

Giumada I° 1435
Marzo 2014

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