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Ramadān 1435

In nome di Allàh
il sommamente Misericordioso il Clementissimo

L’Islàm, come tutti noi Musulmani sappiamo, si basa su cinque pilastri [al-arkān al-Islāmi-l-khàmasatu]: la professione di fede [aš-Šahādatu], i cinque riti d’adorazione giornalieri
[aṣ-Ṣalawāt al-khàmsatu], [az-zakātu] l’imposta coranica, il digiuno del sacro mese di Ramadan [ṣàwmu Ramaḍān] e il pellegrinaggio alla Mecca, per chi ne ha le possibilità economiche e fisiche [ḥàggiu-l-bàyt].
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Il mese di Ramadan è di ventinove o trenta giorni a seconda del tempo di rotazione della Luna attorno alla Terra ed è il nono mese del calendario islamico.
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Il calendario islamico è composto da dodici mesi e, contrariamente a quello occidentale-cristiano, che è “solare”, è basato sulle varie fasi della luna, per cui il mese inizia con l’apparizione sulla volta celeste del primo riflesso della luna crescente; con la luna piena si ha metà mese, per poi finire il mese con l’inizio dell’interlunio dopo l’ultimo riflesso della luna calante. C’è un proverbio astronomico italiano che, in relazione alla “gobba” della luna nel suo percorso celeste, dice: “Gobba a ponente [occidente] luna crescente, gobba a levante [oriente] luna calante”. Quest’anno solare il fenomeno astronomico del novilunio del nono mese dell’anno lunare [il mese di Ramadàn] è indicato dalle effemeridi nel giorno 27 di giugno [nei calendari solari per l’agricoltura porta un piccolo disco nero], ma per quanto riguarda il digiuno il Sublime Corano è esplicito: il mese di digiuno inizia a partire dall’arco diurno seguente alla notte in cui è avvenuto l’avvistamento della prima falce di luna nascente, quando la luna è uscita dalla congiunzione con il sole e dura fino all’avvistamento della falce di luna successiva al novilunio del decimo mese lunare. Pertanto è necessario attendere l’annuncio dell’avvenuto avvistamento per dare inizio alla devozione mensile.
Il mese di Ramadan è il mese più sacro di tutto il calendario islamico, perché Allàh, rifulga lo splendore della Sua Luce, il Quale ha dato a ogni lasso di tempo un momento particolarmente più sacro [durante il giorno i cinque orari del rito di adorazione, durante la settimana il venerdì (il giorno festivo islamico), durante l’anno ha sottolineato la maggior sacertà del mese di Ramadan rispetto agli altri mesi.

Tutti questi periodi sacri vogliono essere come punti di riferimento temporale, che il musulmano ha da sfruttare come momenti di più intensa pratica della sua devozione islamica sotto il profilo spirituale. Archi di tempo e frammenti di esso, nei quali egli riduce le sue attività e si distacca dalla materialità della vita quotidiana, di cui egli approfitta per fare esame di coscienza, e chiedere perdono ad Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, per propri errori e far proposito di resistere alle tentazioni dell’io e non dar seguito alle ingannevoli suggestioni di Satana.
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In questo mese benedetto, di cui il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, ha chiamato sàyyidu-sh-shuhùr [il signore dei mesi], il musulmano, in obbedienza al precetto coranico, si astiene dal soddisfare, durante l’arco diurno del giorno, tutti i propri istinti, quali il mangiare, il bere, l’avere rapporti sessuali, cioè gli istinti basilari dell’esistenza: l’istinto di conservazione individuale e l’istinto di conservazione della specie.
E poiché Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, nel dare norme di vita alla sua creatura umana ha posto nel suo codice i principi base dell’equilibrio e della giustizia, Egli autorizza l’astinenza dal digiuno durante l’arco notturno, che va dal tramonto del sole al primo chiarore antelucano.

Il mese di Ramadàn è ricco di benefici per la salute dell’anima e del corpo dell’individuo, per la realizzazione dell’armonia dei rapporti familiari e dell’equilibrio nelle relazioni sociali.

La creatura umana, nel suo continuo e interrotto alimentarsi durante l’anno, accumula un certo numero di residui nocivi nell’intestino, che esso, essendo chiamato in continuazione a lavorare senza essere quasi mai messo nella condizione di riposo, non riesce a smaltire. L’astinenza dal mangiare e dal bere permette all’intestino di smaltire questi residui e di riposare; ed è per questo che i medici per molti disturbi non solo gastrointestinali, ma anche di portata più generale consigliano il digiuno. A livello spirituale il mese sacro è una scuola, la scuola dei trenta giorni, come venne chiamata. Questa scuola, come una palestra, educa l’individuo a controllare gli aspetti materiali dell’esistenza umana, che lo sospingono all’appagamento di tutti i propri istinti. Questo self-control, promosso dal digiuno, tiene a bada la malattia nefasta, che vede la materia sopraffare il sentimento.

Lo spirito si educa in questo mese anche alla pazienza e alla perseveranza. È grazie anche a questo, infatti, che non pochi sono riusciti ad allontanarsi da molti di quei vizi, che comportano dipendenze materiali.

In questo mese, il musulmano, il quale, non dando valore al mangiare e al bere, poiché è abituato ad avere tutti i suoi pasti pronti senza difficoltà, si è dimenticato del grande dono del cibo che il suo Creatore gli ha dato e che molti altri, invece, non hanno, con il digiuno è costretto a provare la sofferenza di chi non mangia e non beve, non per devozione, ma per l’ingiustizia che governa il mondo, dove impera il dio denaro. Questa sofferenza lo porta a essere più comprensivo, se non sensibile nel confronto del povero che non trova con cosa sfamare sé e magari anche la propria famiglia.
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Il digiuno è una prevenzione, una protezione, in quanto esso disciplina gl’istinti procreativi dell’uomo. Per questo motivo il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, nell’invitare i giovani, che sono in condizioni di metter su famiglia, a sposarsi, prescrisse il digiuno ai giovani che non lo sono.

Il digiuno del santo mese di Ramadan educa al buon governo dello spirito e del corpo ed è medicina efficace per guarire molte malattie individuali e sociali, nonché di prevenirne l’insorgenza. Oltre a questi benefici materiali e spirituali, il musulmano, che rispetta i precetti del digiuno, si rende meritevole di una ricompensa nella vita futura, una realtà che Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, ha promesso ai fedeli che praticano il digiuno, dicendo in un hadith qudsi [cioè riportato dal Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, e riferito ad Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce]: “Il digiuno è Mio, e Io ne sono la ricompensa, poiché l’uomo ha abbandonato il proprio piacere e il proprio mangiare e bere per Me”. Il digiuno è protezione, e chi digiuna ha due momenti di gioia: una è quella che prova quando rompe il digiuno e l’altra quando incontra il proprio Signore [o come disse, che Allàh la benedica e l’abbia in gloria]”.

E la lode appartiene ad Allàh,
il Signore dei mondi.

N.° 187

Sha'bàn
1435
Giugno 2014

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