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ISIS

Da qualche tempo, nel cuore della Casa dell’Islàm, è apparso un fenomeno geo-politico, sottoforma di una organizzazione, auto denominatasi Stato islamico di Iraq e di Sham Siria con acronimo arabo Dà’ish, il cui capo, tale Abū Bakr al-Baghḍādī, ha proclamato la ricostituzione del Califfato (Khilāfah) e ha attestato l’obbligatorietà per tutti i Musulmani di prestargli atto di fedeltà (bày‘ah). Oggi i Musulmani nel mondo sono poco meno di due miliardi, per cui alla luce dell’attuale situazione, ammesso e non concesso, che l’organizzazione capeggiata da al-Bàghḍādī, abbia le caratteristiche per essere chiamata “islamica” la proclamazione del Califfato è assolutamente priva di fondamento sciaraitico. Allàh, l’Altissimo, rifulga lo splendor della Sua Luce, dice nel Capitolo della Consultazione, ayah 38, in riferimento ai credenti: “Il loro affare è deciso mediante consultazione tra loro” [وَأَمْرُهُمْ شُورَىٰ بَيْنَهُمْ]. Non c’è alcun dubbio, quindi, che, essendo la costituzione di una entità statuale politico-giuridico-amministrativa della Ummah con la denominazione di Khilàfah/Califfato un evento di enorme importanza storica, essa richieda la consultazione della Ummah a livello planetario. Questo non è avvenuto per cui la richiesta avanzata del sedicente califfo di bày’ah da parte dei musulmani è priva di fondamento, dato che il suo governo è privo di legittimazione, in quanto l’organizzazione da lui capeggiata è, se mai non si tratti d’altro, cioè di uno strumento dei nemici dell’Islàm, una insignificante scheggia impazzita dell’universo islamico, che con l’Islàm non ha più niente a che fare. Infatti, la modalità appropriata per prestare fedeltà è che ciò abbia origine da una consultazione e da un accordo Se qualcuno, quindi, presta fedeltà a qualcuno che si sia affermiato motu proprio titolare di autorità, cioè senza esserne stato investito dal risultato di una consultazione generale di un gruppo, che rappresenti la maggioranza degli interessati, compie un delitto previsto e punito dal codice penale dell’Islàm. Non è, islamicamente, lecito assumere una funzione di governo, avanzare pretese a suo proposito o riconoscere a qualcuno il ruolo di autorità politica islamica, senza che ciò sia frutto di una consultazione. Questo, come vale in piccolo, vale in grande, cioè quando si tratta dell’assunzione di autorità politica califfale, che ha da essere risultato di una elezione del Califfo sulla base del consenso scaturito dalla consultazione generale di tutta la Ummah, verificata dal Consiglio dello sciogliere e del legare” (Ahlu l-Hall wa l-‘Aqd), al quale spetta il diritto di investitura politica del Califfo, che viene poi ratificata dal popolo con un generale impegno di obbedienza (bày‘atu t-tā‘ah). Alla luce di quanto sopra la proclamazione del Califfato ha niente a che vedere con l’Islàm, poiché la Ummah non è stata consultata, né sono stati consultati i notabili di essa. La proclamazione del Califfato in Iraq e Siria ha incontrato non soltanto il rifiuto della maggioranza dei Musulmani del mondo, non soltanto della maggior parte dei Musulmani in Siria e in Iraq, ma anche. di suoi aderenti, che in grande numero hanno abbandonato e criticato lo pseudo-califfo, del quale  hanno respinto le pretese all’autorità della Magistratura suprema dell’Islàm. È chiaro come il sole che il fenomeno ISIS non ha niente a che vedere con l’Islàm, dacché il suo capo non ha ottenuto riconoscimento nemmeno dai dignitari e dai sapienti Musulmani delle regioni, sulle quali asserisce di esercitare direttamente la propria autorità, né ha ottenuto un chiaro consenso tra le fila dei suoi stessi sostenitori e simpatizzanti. Tra le condizioni della validità dell’autorità califfale vi è la capacità del titolare di essa, di garantire la stabilità (tamkīn) delle sue istituzioni e la protezione delle terre poste sotto la sua autorità e giurisdizione. Così non è! Quanto sopra premesso e ritenuto l’entità geo-politica venuta in esistenza da alcuni anni in Iràq e Siria, arbitrariamente denominata Stato Islamico, o Califfato, proclamato da Abū Bakr al-Baghdādī, non ha niente a che vedere con l’Islàm e, quindi, l’eventuale bày’ah prestata al suo fondatore è islamicamente illecita e sostanzialmente nulla e  priva di validità. E ciò in quanto sul piano legale tale realtà  è priva delle condizioni per la sua validità come Istituzione islamica. Nessun Musulmano, quindi, è tenuto a riconoscerne la legittimità, a sostenerla e a prestarvi fedeltà e colui che con artifici e raggiri sia stato indotto con la testa nel sacco a farlo, non solo non è tenuto a osservare il suo impegno, ma ha un dovere [è wàgib] interrompere, immediatamente, ogni tipo di rapporto con questa organizzazione, perché il perseverare costituisce uno dei peccati tra quelli maggiori (kabā’ir) e una causa di scisma e di sedizione (fitnah) in seno alla Comunità. E il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, ebbe a dire: “Chi si separa dalla Comunità, anche di un solo palmo, se muore, muore fuori dalla Ummah di Muhàmmad” [o come disse, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria]. 
Oltre a quello che è stato esposto fino a questo momento, per dimostrare l’estraneità all’ISLAM di questa organizzazione, nell’ottica islamica, dal punto di vista legale, tale estraneità è dimostrata, oggettivamente, dal fatto che le attività poste in essere dalle milizie del cosiddetto califfato sono totalmente estranee alla prassi del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, inviato da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, come MISERICORDIA PER TUTTI GLI UNIVERSI e la misericordia è la caratteristica essenziale dell’Islàm, tanto è vero che il nome Proprio di Allàh, è Ar-Rahmàn, il sommamente Misericordioso, cui segue immediatamente il Nome Ar-Rahīm, il Clementissimo e dove non c’è misericordia non c’è Islàm. Dice Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce: “Siate Misericordiosi, affinché vi venga usata Misericordia”. E il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, disse. “Se volete la misericordia di chi siede in cielo, siate misericordioso con tutto ciò che si muove sulla terra [o come in tal senso disse, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria]. Nessuna parentela dei Musulmani, fadeli al Sublime Corano e alla nobile Sunna, spirituale con gli autori dei crimini spettacolari e spettacolarizzati dai mass media occidentali, commessi all’evidente scopo di provocare terrore dell’Islàm e dei Musulmani, eccitare contro l’Islàm e i Musulmani il disprezzo e l’odio, al punto da far nascere il sospetto ragionevole, che l’ISIS sia una creatura di potenze interessate ad arginare la diffusione dell’informazione veritiera sull’Islàm, giocando sulle reazioni emotive causate dalla violenza sanguinaria di mercenari senza Dio, sotto le mentite spoglie del nome Islàm, di cui non conoscono nulla. Tutto quello che i mass media cartacei e televisivi, con lodevoli eccezioni, propinano alle loro audience ha l’evidente scopo, anche se apertamente denegato, di fomentare l’islamofobia, presentando e definendo con l’aggettivo islamico, ciò che non solo islamico non è per diversità, ma addirittura non è per contrarietà! Il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, predisse che ci sarebbero stati dei falsi musulmani, che sarebbero usciti dall’Islàm, come freccia esce dall’arco, cioè senza possibilità di ritorno. Egli disse a loro riguardo: “Se vivessi fino ad incontrarli, certamente, li combatterei, e li spazzerei via così come fu spazzata via la nazione di ‛Ād”. La definizione che egli diede di loro fu: “Cani dell’Inferno”; Accadde, come il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, aveva previsto. Fu la setta dei kharigiti dal verbo khàragia, che significa uscire [quelli che escono dalla Religione]. Non c’è bisogno d’altro - per affermare senza tema di cadere in errore che tutte le azioni dell’ISIS, alle quali le trasmissioni televisive dei media di comunicazione occidentali danno risonanza planetaria, non hanno niente a che vedere con l’ISLAM e hanno tutto a che vedere con le azioni di coloro che il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, ebbe a definire “Cani dell’Inferno”, parole perfettamente adattabili agli odierni mercenari delle potenze del male, che si esibiscono in Shām, allo scopo di offrire spettacoli di orrore e di terrore alle platee occidentali, per fomentare in esse disprezzo odio e terrore nei confronti dell’Islàm e inimicizia nei confronti dei Musulmani. È un dovere di ogni musulmano osservante, per la difesa dell’onore dell’Islàm e dei Musulmani denunciare all’Autorità di pubblica sicurezza, persone in apparenza musulmane che sostengano posizioni, o abbiano comportamenti inequivocabilmente sospetti; e ciò alla luce del precetto profetico: “Aiutate sia colui che subisce ingiustizia sia colui che la commette”. Gli chiesero: “Come aiutare chi commette ingiustizia? “Rispose, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria: “Impedendogli di commetterla!”. E disse inoltre, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria: “Chi di voi veda che stia per esser commesso un male, lo impedisca con le proprie mani, e qualora non vi riesca [cerchi i fermarlo] con la propria lingua, e qualora non possa, che lo detesti nel profondo del suo cuore! Però quest’ultima forma di contrasto è il ramo più basso della Fede”. [o come disse, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria]”.
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Pertanto è obbligatorio per ogni Musulmano proclamare con ogni mezzo e a ogni livello sociale e culturale politico e religioso l’estraneità dell’ISIS all’Islàm, anche nell’ambiente musulmano, la qual cosa già avviene, perché ci posso essere soggetti psico-labili [soggetti psico-labili si trovano in ogni milieu], che non avendo retto alla violenza diffusa di questo sistema, in cui viviamo, sono suscettibili di subire l’influenza di manipolatori di coscienze, all’uopo ammaestrati. Per questo nei Centri Islamici di dottrina corretta vengono divulgate le fatāwa di condanna [sentenze] delle esibizioni mattatoiali dell’Islamic State e quando la pericolosità autolesionistica di qualcuno si dimostri evidente e al di là di ogni ragionevole dubbio, la cosa viene segnalata in via precauzionale all’autorità di Pubblica Sicurezza.
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Infine, non sarà mai abbastanza sottolineato che l’abusata espressione TERRORISMO ISLAMICO rappresenta una realtà storica equivalente a quella rappresentata dall’espressione di geometria solida CUBO SFERICO. Come non esiste CUBO SFERICO, così non esiste TERRORISMO ISLAMICO e, in verità, parafrasando una frase letta su un manifesto di matrice giudaico-ortodossa a New York, che recitava “who is jews is not sionist and who is sionist is not jews“, possiamo affermare che “chi è musulmano non è terrorista e chi è terrorista non è musulmano”, al fine di bollare di infamia e di menzogna la frase: “Non tutti i Musulmani sono terroristi, ma tutti i terroristi sono musulmani”. Quanto sopra premesso e ritenuto il MUSULMANO condanna ogni forma di terrorismo, come attività criminale, che appartiene a visioni del mondo e regole di condotta diametralmente opposte alla base della visione del mondo dell’Islàm, che è pace, e contrastanti con il codice di condotta, da essa derivante, finalizzato al rispetto della dignità dell’uomo in ogni aspetto della sua esistenza terrena e in funzione della salvezza dal fuoco in quella futura.

N.° 195

Rabì I°
1437
Dicembre
2015

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