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GLI ABBASIDI
RIEPILOGO PANORAMICO

Il termine abbaside è aggettivo derivato dal sostantivo ‘Abbās che è la traslitterazione fonetica di nome proprio dell’onomastica araba, il cui significato è uno dei numerosi nomi del “leone”, il re degli animali. Il suo significato proprio è “discendente di ‘Abbās” e ‘Abbās si chiamò uno degli zii paterni del profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Il tris-nipote di ‘Abbās figlio di Abd al-Muṭṭalib fondò nel 750 dell’era volgare [e.v.] dinastia califfale degli Abbāsidi, che governò il mondo islamico dalla sua capitale, Baghdad [e, per un sessantennio a Samarra] fino al 1258.
La famiglia di ‘Abbās alla morte del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, nella consultazione che i Compagni del Profeta, che Allàh si compiaccia di loro, tengono per designare chi di loro debba assumere la funzione di capo politico della Comunità dei credenti nella paternità divina del Sublime Corano e nella dignità apostolico-profetica di Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, si schiera con il partito di ‘Alī nella convinzione che la guida sia politica che spirituale della ùmmah abbia da rimanere nella Famiglia della Casa [del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria] rappresentata da ’Alī bin Abī Ṭālib, dalla di lui moglie, Fāṭimah, la figlia del Profeta e dai loro due figli Hàsan e Husàyn.
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La Shūra dei Compagni sceglie come “luogotenente del Profeta” – Califfo – il fedele Compagno della prima ora, Abū Bàkr, dal Profeta chiamato aṣ‑Ṣiddīq, il compagno della grotta, il suocero di lui, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, il quale ne ha sposato la figlia ‘Ā‹ishah. Le aspettative del “Partito di ‘Alī” sono frustrate.
Corre l’anno 632 e.v. ed ha inizio con Abū Bàkr aṣ-Ṣiddīq il periodo del califfato de “i califfi ortodossi” (al-khulafā‹u-r‑Rashidūna), cioè dei - vicari del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, nella sua veste di capo politico della Umma islamica [Abū Bàkr, ‘Ùmar ibn al-Khaṭṭāb, ‘Uthmān ibn ‘Affān e infine ‘Alī ibn Abī Ṭālib].
Nel 661 e.v. ‘Alī ibn Abī Ṭālib, il quale, succeduto a ‘Uthmān ibn ‘Affān nella dignità di Califfo, è in conflitto con il governatore della Siria, Mu’āwiyah, che non riconosce la sua ascesa al Califfato, viene ucciso da un ribelle kharigita e l’esercito califfale acclama califfo al-Ḥàsan, il primogenito di ‘Ālī. Ḥàsan - per non spargere sangue musulmano - cede il Califfato a Mu’àwiyah con l’accordo che alla morte di Mu’àwiyah il Califfato torni ad al-Ḥàsan. Al-Ḥàsan, però, muore poco dopo e, non essendovi nell’accordo la clausola che contempla l’evento della premorienza di al-Ḥàsan, il Califfato resta in testa a Mu’āwiyah, con il quale ha inizio la dinastia araba degli Omayyadi, che prende il nome da Omàyyah, il nonno di Mu’àwiyah. La capitale viene stabilita a Damasco. Durante il governo degli Omàyyadi tanto gli Alidi [discendenti di Alī e seguaci del suo partito, cioè gli Sciìti], i quali giudicano usurpatore Mu‛āwiyah bin Abī Sufyān e illegittimo califfato fondato da lui, quanto gli Abbasidi sono forze di contestazione, unite in un movimento anti-omàyyade, definito àlide, che è attivo nelle regioni orientali del califfato. L’assolutismo califfale omayyade, che fa ritenere al califfo di essere depositario del vicariato di Allàh in Terra, trova un potente antagonista, nell’area orientale del Califfato ove l’alidismo legittimista è diffuso e dove gli Abbasidi hanno il governo del Khurasān, quando gli oppositori riescono a fare leva sul malcontento dei mawālī, i convertiti all’Islàm non equiparati agli Arabi, coniugando aspetti religiosi e politico-economici. Gli Abbasidi - quando si rendono conto dell’esistenza della mancanza di compattezza nel campo alide – senza darlo a divedere incominciano a operare in modo autonomo e quando l’opposizione alide ha la meglio sugli Omayyadi, gli Abbasidi, essendo più organizzati si impongono con forza come la nuova dinastia califfale, senza tener in alcun conto le pretese “legittimistiche” della Famiglia del Profeta (Ahl al‑Bayt). Il primo califfo abbaside, Abū l-‛Abbās al-Saffāh, pur proclamato a Kufa nel 748-9, assume il potere solo nel 750, forte del sostegno militare khorasanico da lungo tempo organizzato in segreto da Abū Muslim, massimo esponente della propaganda abbaside nel periodo omayyade. La dinastia trova però il suo reale fondatore e sapiente amministratore in Abū Giā‛far al-Manṣūr, fratello minore di Abū l-‛Abbās, che mette quelle solide basi ordinamentali che permettono al Califfato di vivere per circa mezzo millennio, anche se dopo il califfato di al-Mutawakkil [847 – 861], il potere della dinastia prende a svuotarsi dal punto di vista politico, pur mantenendosi formalmente fino alla sua caduta, come evidente simbolo dell’unità islamica. Ad al‑Manṣūr (754-775) si deve la fondazione di Baghḍād, ma lo zenith della potenza abbaside lo raggiunge suo nipote Hārūn al‑Rashīd (786-809) e dal figlio di quest’ultimo, al‑Ma‹mūn (813-833), sotto i quali il califfato raggiunge la sua massima estensione territoriale e il suo più alto livello culturale. L’estensione territoriale dall’Atlantico all’Indo porta a una progressiva crescita delle difficoltà del califfato, per cui si formano degli Emirati, i quali, de facto sono delle realtà politiche indipendenti. Nell’VIII secolo, al-Andalus si distacca ad opera di un esponente omayyade superstite ‛Abdu-r-Raḥmān bin Mu‛āwiyah, il quale fonda l’emirato omayyade di Cordova e il Maghreb al-àqṣā per la resistenza delle tribù dei Berberi. Il secolo dopo è l’Egitto tulunide a sottrarsi all’amministrazione diretta di Baghḍād, sono poi le province dell’Irān, quindi la Siria e la Mesopotamia (sec. IX-X), pur senza rinunciare a ritenersi tutti appartenenti alla Casa dell’Islàm. Da quel momento in poi il potere degli Abbasidi si riduce, progressivamente, al solo Iraq, quindi della sola Baghḍād e, addirittura, neppure a tutta la città-capitale, poiché tra l’836 e l’892 la capitale viene trasferita a Samarrā‹ e torna nuovamente a Baghdad fino alla caduta della dinastia. Nei secoli X e XI la dinastia subisce la “tutela” degli sciiti daylamiti Buwaihidi e poi dei turchi Selgiuchidi, sunniti il califfato abbaside, ha una breve reviviscenza di autorità nel secolo XII, specialmente sotto al-Nāṣir (1180-1225), ma finisce con l’essere travolta alla metà del secolo XIII a opera dei Mongoli di Hülëgü che conquistano Baghḍād, la distruggono e mettono a morte il califfo al‑Musta‛ṣim (1258).
Un ramo della dinastia abbaside, sopravvissuto allo sterminio operato dai mongoli, s’impianta per brevissimo tempo ad Aleppo, in Siria, per essere poi ospitato fra mille lussi e nessun potere effettivo da gestire, dall’Egitto dei Mammalucchi [al-Mamālīk].
La dinastia esce dalla storia allorché al-Mutawàkkil III, califfo abbaside ombra del Cairo, cede a Selīm I, il sultano turco ottomano, impadronitosi del sultanato mamelucco, nel 1517, i simboli del potere califfale.
Nell’epoca degli Abbasidi sorge la prima autentica arte islamica, profondamente diversa da quella omayyade, che si è limitata a riciclare forme dell’ellenismo orientale. Nell’architettura vengono introdotti l’iwān, una enorme sala mancante di un lato e l’arco spezzato; i monumenti abbasidi più caratteristici sono le moschee e i palazzi di Samarrā‹, innalzati grazie alla tecnica costruttiva del mattone crudo o cotto, e abbondanti di stucco modellato, che riveste intere pareti. I decoratori abbasidi usano abbondantemente la pittura per caratterizzare le pareti delle case private e degli harem.
Fra le arti decorative spiccano la ceramica e i tessuti oltre agli oggetti in vetro e in cristallo intagliato. Fra i tessuti si distinguono i famosi abiti dei califfi, i tiraz, le tappezzerie in lana, cotone e seta con motivi astratti o animali stilizzati.
Per cultori della Storia geo-politica dell’Islam, le vicende storiche della dinastia degli Abbasidi dal 751 al 1517 sono compendiate nei Quaderni Islamici 135-137-138
www.edizionidelcalamo.com

N.° 194

Muhàrram
1437
Ottobre
2015

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