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DA'WAH, LA FORMA PIU' IMPORTANTE DI GIHAD

Disse il profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria: “La cosa più importante della vita è l’ISLAM, la cosa più importante dell’ISLAM è il RITO D’ADORAZIONE e il vertice della sua gobba è il GIHĀD”. Il sostantivo GIHĀD non ha nessuna occorrenza nel Sublime Corano, ma vi ricorrono più volte le voci verbali del verbo giàhada, dal quale deriva il sostantivo Gihād. Leggiamo il Sublime Corano all’àyah 218 della seconda Sura (La vacca). Allah, rifulga lo splendore della Sua Luce, esprime questo significato:
Coloro i quali hanno creduto [nella provenienza Divina del Sublime Corano e nella Missione apostolico-profetica di Muhàmmad], hanno fatto l’egira [sono emigrati dalla Mecca a Yàthrib] e che si sforzano, attualmente, sul sentiero di Allàh per affermare il primato della Sua Parola, possono sperare nella misericordia di Allàh, Perdonatore e Clementissimo.
La rivelazione di questa àyah avviene dopo l’Egira e prima della liberazione della Mecca. Essa parla, infatti, di coloro che, dopo avere creduto nella unità, unicità e uni-personalità di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, e nella Missione apostolico-profetica di Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, sono emigrati e sono costretti dalle aggressioni delle forze armate del politeismo idolatrico all’azione bellica. Non si tratta di attività aggressiva, ma difensiva. Infatti, dopo la liberazione della Mecca dal dominio idolatrico, non c’è più egira, ma sforzo e intenzione (detto autentico del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria). Il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, disse: “Ogni sforzo che il musulmano compie perché la Parola di Allàh sia più alta [di qualsiasi parola dell’uomo] ! La fonte della nostra dottrina è il Sublime Corano coniugato con la Nobile Sunna. Per cui la definizione di ogni parola è per noi accettabile, quando si fonda sulla Parola di Allàh, l’Altissimo, o sull’insegnamento del Suo Apostolo, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Quindi, dal punto di partenza testé citato, possiamo affermare, con precisione linguistica e chiarezza concettuale, che la parola gihād (di genere maschile) esprime due aspetti dello sforzo (significato semplice della parola): l’aspetto interiore, spirituale, e l’aspetto esteriore, fisico.
E questo sulla base dell’ insegnamento del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, il quale, nel vedere un gruppo di musulmani, che stavano ritornando dal campo di battaglia, esclamò: “Benedetti coloro che stanno ritornando dal gihād minore (al-gihād al-àṣghar), per andare combattere il gihād maggiore (al‑gihād al-àkbar) !” Gli fu chiesto: “O Apostolo di Allàh, quale è il gihād maggiore”. Rispose: “Lo sforzo per dominare le proprie passioni (gihādu n-nàfs). Sull’autorità dottrinale di magistero del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, lo sforzo minore (al-gihād al-àṣghar) ha luogo nel mondo della fisicità, è un aspetto dell’azione, che si realizza in modo visibile, esteriormente, nella pugna e nel cimento, sul campo di battaglia, con il nemico di fronte, che ti aggredisce con le armi e che vuole ucciderti e, sempre sull’autorità dottrinale del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, lo sforzo maggiore (al-gihād al-àkbar) ha luogo nell’interiorità dell’uomo; è un aspetto della sua natura spirituale; è lo sforzo, finalizzato al conseguimento della vittoria sull’io passionale, da cui procede l’elevazione verso le vette più alte della devozione religiosa e della perfezione comportamentale, rappresentate dal Profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, del quale, Allàh, l’Altissimo, nel Sublime Corano, dice: “C’è per voi nell’Apostolo di Allàh il modello migliore di comportamento”.
L’insegnamento del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, mette in evidenza la superiorità dell’aspetto spirituale della lotta per il dominio delle passioni, da cui consegue il miglioramento dell’identità islamica, proprio perché, nello sforzo per consolidare la propria identità islamica, si realizza quella condizione ottimale della personalità, che costituisce una solida base, per svolgere con successo in ogni campo, quelle azioni, che sono finalizzate all’affermazione del primato della Parola di Allàh, rifulga lo splendore della Sua Luce, su qualsiasi verbo umano. Il gihād maggiore, la lotta contro le tentazioni che sono figlie della debolezza umana, è un dovere per ogni musulmano in tutti i momenti e in ogni luogo, è una lotta continua per il dominio del proprio sé contro le innumerevoli suggestioni di Satana e le tendenze del nafs passionale, che istiga alla trasgressione (an-nàfsu-l-ammàratu bi-s-sū‹), mentre gli aspetti marziali del gihād minore hanno, invece, carattere temporaneo e si esauriscono sul campo di battaglia. L’Imām Nawawi, che Allàh abbia misericordia di lui, definendo il gihād e le sue categorie, dice nel suo libro al-Minhàg, che esso è uno dei doveri che incombono collettivamente sulla comunità (farḍ kifàyah), è accogliere una valida protesta, risolvere problemi di religione, ordinare il bene e proibire il male. Imàm al-Dardīr disse che il gihād è la diffusione della conoscenza della Legge Divina per mezzo dell’ordinare il bene e proibire il male. Non è lecito mettere da parte questa forma di gihād per quella marziale, perché la priorità spetta all’invito della gente all’Islàm con la predicazione. La dà’wah è nell’Islàm la forma più importante di gihād ed è la base di partenza del gihàd autentico, perché ogni tentativo di realizzare di primo acchito l’Islàm con mezzi diversi dalla dà’wah danneggia il significato e la realtà stessa del gihād.

N.° 199

Ramadàn
1437
Giugno
2016

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