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LA VIOLENZA
CONTRO LA DONNA

La violenza contro la donna è il crimine perpetrato contro la donna, che si basa sul genere e costituisce una violazione dei diritti umani. Nel 1999 le Nazioni Unite hanno deliberato che il 25 novembre venga considerato come la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Gli eventi che integrano gli estremi di questo crimine abominevole sono una manifestazione culmine, come la cosiddetta <punta dell’iceberg>, di una cultura, che ha alle sue radici la colpevolizzazione di Eva, che con la sua trasgressione ha fatto cadere l’uomo in questa<valle di lacrime>, più in antico, mentre, storicamente, più vicino a noi, per aver costretto il <figlio di Dio> ai tormenti della croce per la redenzione dell’umanità dal <deicidio>. E’ la <misoginia> di fondo derivante dalla cosiddetta matrice <giudaico-cristiana> della <civiltà europea>, che, anche se ormai impalpabilmente, si ricollega al peccato originale, come effetto a causa, formando il voluminoso corpo dell’iceberg sotto la superficie dell’acqua di una mentalità maschio centrica e virocratica, che il progresso socio-culturale verso la catastrofe tende a demolire con la rivoluzione femminista, pur sempre entro il perimetro del materialismo edonistico dominante. Le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro la donna è endemica sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo su modello occidentale. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti economici, perché comune è la matrice culturale, fondata sul principio padre di ogni forma di violenza, che è quello del <dominio dell’uomo sull’uomo> uno dei rami del quale è <il dominio del maschio sulla femmina <reificata>, cioè considerata <oggetto di proprietà> invece che <parte di un rapporto inter-soggettivo>, per cui almeno una donna su cinque - secondo l’Organizzazione mondiale della sanità - ha subito nel corso della sua vita abusi fisici o sessuali da parte di un uomo, appartenente alle seguenti categori: familiari, mariti e padri, seguiti dagli amici: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio. La Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne del 1993 all’art.1, descrive la violenza contro le donne come: «Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata». Le statistiche rilevano che il maggior numero di episodi sono quelli della violenza domestica, cioè quelli, che avvengono nell’ambito familiare o nella cerchia di conoscenti, attraverso minacce, maltrattamenti fisici e psicologici, atti persecutori o stalking, percosse, abusi sessuali, delitti d’onore, uxoricidi passionali o premeditati. La violenza sulla donna è figlia dell’ignoranza del fatto che Adamo ed Eva si pentirono della loro trasgressione, chiesero perdono e furono perdonati, per cui gli uomini non nascono con la <macchia del peccato originale>, la qual cosa rende pura invenzione la necessità della <redenzione> mediante sacrificio umano del <teandro> e, quindi, diabolica la misoginia derivante dalla colpevolizzazione di Eva e di tutte le donne. L’Islàm chiarisce le cose e in esso è abominevole la violenza di cui sono vittime le donne, il rispetto delle quali e il buon trattamento di esse fu predicato dal Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, fino agli ultimi istanti della sua vita terrena. Nel matrimonio islamico Allàh, rifulga lo splendor dellaSua Luce, comanda la misericordia e l’amore coniugale, per cui nell’ambito familiare dell’Islàm è inconcepibile la violenza domestica e se vi sono in Italia episodi di violenza, che vengono fatti cavalli di battaglia per la demonizzazione dell’Islam da parte dei mass media al servizio della politica islamofobica di certi ambienti, essi sono violazione del codice familiare dettato da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, e del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Questa considerazione vale anche per incresciosi episodi di violenza, di cui, a onor del vero, è vittima la donna anche nel perimetro culturale del mondo arabo e musulmano, non per applicazione del codice di vita dell’Islàm, si badi bene, ma per sua disapplicazione, molto spesso dovuta al vento del neo-colonialismo strisciante che soffia in quell’area geo-politica attraverso i programmi televisivi diseducativi e la digitalizzazione che si diffonde a macchia d’olio a tutti i livelli sociali. L’Islàm condanna ogni forma di violenza sulla donna attraverso l’educazione al rispetto del valore dato alla donna da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, come Sua collaboratrice nella conservazione della specie umana. I Musulmani condannano la <violenza di genere> perché la donna è soggetto di diritti nei confronti dell’uomo – “...Esse hanno diritti come pure doveri...” [Cor. 2/229] – come spiega il Sublime Corano e non oggetto di sfruttamento da parte dell’uomo, come qualsiasi utensile, privo di anima. Questi odiosi delitti hanno come causa efficiente il disordine sessuale che nasce dall’abominevole malgoverno delle finalità del piacere sessuale, che viene separato dalla sua funzione di promuovere l’attività fecondativa, in relazione alla conservazione della specie. Molte altre sono le ragioni della violenza contro la donna e tutte hanno come sfondo la sua degradazione da soggetto a oggetto. Il ridurre ai soli casi patologici quello che adesso è la normalità in una società dove la violenza è palpabile in quasi tutti gli aspetti delle relazioni sociali può avvenire solo attraverso il ritorno alla visione del mondo dell’Islàm, che ha per Autore il Creatore dell’uomo, per il quale ha prodotto un codice di vita, la cui pratica rende inconcepibile la violenza sulle donne, in quanto l’osservanza delle sue regole e dei suoi divieti prevengono, oggettivamente, il formarsi di occasioni scatenanti.

N.° 211

Giumada I° 1439
Gennaio
Febbraio
2018

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