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PAROLE DIVINE EXTRACORANICHE

Abu Huràyrah, che Allàh si compiaccia di lui, disse di aver udito dire, per tre volte, al Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria: ““È nullo il rito di adorazione di chi non ha recitato in esso la madre del Corano (Sūratu-l-fātiḥah)!””. Allora fu detto ad Abu Huràyrah: “In verità noi stiamo dietro all’Imām”.
Disse, allora (Abu Huràyrah): “Recitala dentro di te, perché ho udito dire al Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria: ““Allàh, Potente ed Eccelso Egli è, ha detto: “““Ho ripartito il contenuto della recitazione fondamentale del rito di adorazione, la Sura che apre, tra Me e il Mio servo e il Mio servo avrà ciò che domanda. Quando il servo dice: “La lode appartiene ad Allàh il Signore di tutti gli universi!” Allàh, Potente ed Eccelso Egli è, dice: “““Questo riguarda Me! Il Mio servo Mi ha ringraziato!”””. Quando dice: “Il sommamente Misericordioso il Clementissimo”, Allàh, Potente ed Eccelso Egli è, dice: “““Anche questo riguarda Me: Il Mio servo Mi ha esaltato”””. Quando dice: “Il Sovrano del Giorno del Giudizio”. Allàh dice: “““Pure questo riguarda Me: Il Mio servo Mi ha glorificato”””. Quando dice: “Te soltanto adoriamo e Te soltanto invochiamo in soccorso”, Allàh dice: “““Questo riguarda in parte Me e in parte il Mio servo e il Mio servo otterrà il Mio soccorso. Quando il servo dice: “Guidaci sulla diritta via: la via di coloro sui quali hai effuso la Tua grazia, non quella degli incorsi nell’ira, né di quelli che sono vittime dell’errore”. Allàh dice: “““Questo riguarda il Mio servo e il Mio servo otterrà ciò che ha chiesto”””. Disse il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria: ““Se qualcuno esegue un rito di adorazione, nel quale non ha recitato la madre del Libro (cioè la Sura Aprente) il rito è insufficiente!”””. Per sottolineare l’importanza della recitazione della Sura Aprente, cioè di “sūratu 1- fātiḥah” il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, ripeté per tre volte la frase, affinché a nessuno dei presenti sfuggisse il significato di essa. L’lslàm è la cosa più importante della vita e la cosa più importante dell’lslàm è il rito di adorazione! Il rito dell’adorazione è la prima voce che verrà esaminata nel giorno del giudizio e la sua esecuzione sarà stata conforme al precetto, anche tutto il resto sarà valutato positivamente, mentre se il rito di adorazione sarà stato manchevole, anche il resto sarà valutato negativamente, ai fini della salvezza dal fuoco. La sura dell’Apertura va recitata mentalmente da ogni fedele, anche nel rito di adorazione congregazionale diretta dall ‹Imām ad alta voce, secondo l’indicazione di Abu Huràyrah, in quanto il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, insegnò che Allàh ha diviso in tre parti il testo di recitazione fondamentale del rito di adorazione. La prima parte riguarda solamente Allàh; la seconda parte riguarda tanto Allàh quanto il musulmano, la terza parte riguarda il musulmano. Nella prima parte, cioè nelle prime quattro ayàt sono registrate le caratteristiche fondamentali dell’identità divina, cioè la posizione di Ràbb, parola che significa Creatore e Alimentatore degli universi, fonte inesauribile dell’energia che vivifica il mondo, determinando il nascere, il vivere e il morire di ogni singola realtà degli universi; la Misericordia verso la Creazione tutta e la Clemenza verso i Musulmani; la Sua posizione di Giudice universale nel giorno del Rendiconto finale, che precede l’ingresso nel Paradiso o nell’Inferno. La seconda parte, cioè l’àyah 5, è divisa tra Allàh e il servo, in quanto in essa è indicata la posizione dei soggetti del rapporto Creatore-creatura, Padrone­ -servo, Sovrano-Suddito, nella quale Allàh si trova in posizione dominante e la creatura umana in posizione dipendente, attraverso la definizione della situazione di dominanza di Allàh e di dipendenza del servo, mediante i comportamenti che il servo ha il dovere di tenere verso il Signore: il riservare esclusivamente ad Allàh il culto e di invocare solamente Allàh per chiedere soccorso e il diritto che ha il Signore di ricevere in esclusiva il culto e l’invocazione. Questo è sottolineato dalla struttura della frase dove la forma del concetto di adorazione non viene espressa mediante il pronome personale suffisso di seconda persona maschile (nà’budu-Ka), ma con il rafforzativo-esclusivo “iyyā-Ka” che precede la voce verbale nà’budu, che è la prima persona plurale del verbo ‹àbada, che significa adorare; lo stesso vale per la seconda parte dell’àyah “iyyā-Ka” nasta’īnu, dal verbo ista’ana, che significa chiamare in soccorso. Solamente a Te, con esclusione di qualsiasi altro noi Tuoi servi adoriamo e solamente Te, con esclusione di qualsiasi altro, noi Tuoi servi invochiamo in soccorso. La terza parte riguarda il servo, il quale chiede ad Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, di guidarlo sul sentiero della rettitudine, il sentiero percorso da coloro, dei comportamento dei quali Allàh si è compiaciuto e sui quali ha riversato la Sua Grazia come ricompensa per la loro pratica del Codice di Vita da Lui rivelato e la loro attuazione dei precetti, degli insegnamenti e degli esempi dei suoi Messaggeri, su loro la pace, l’ultimo dei quali è il Profeta Muhàmmad (il Profeta universale. Questo sentiero della rettitudine è il sentiero dell’Islàm pre-coranico, insegnato da ogni Messaggero di Allàh al suo popolo e messo in pratica dai fedeli al Messaggio di quel popolo; e il sentiero dell’Islàm post-coranico, prescritto a Tutti gli uomini e insegnato dal profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, il Profeta universale; l’Islàm, che realizza il sistema di vita valido per ogni tempo, per ogni popolo e per ogni luogo. Questa via non è certamente quella di coloro che con la loro disobbedienza hanno provocato su loro la collera divina, né quella di coloro che sono nell’errore. Quando il servo recita l’àyah sublime della “richiesta della guida sul retto sentiero” ha la certezza che la sua invocazione sarà ascoltata ed esaudita da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, il Quale non viene mai meno alla Sua promessa.

N.° 211

Giumada I° 1439
Gennaio
Febbraio
2018

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