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Il Corano
di Birmingham

Una giovane ricercatrice italiana, ha scoperto frammenti di una pergamena scritta in arabo, molto antica, che all’analisi si è rivelata essere “Corano”. L’esito dell’esame del carbonio 14 a cui la pergamena è stata sottoposta, ne ha stabilito la data tra il 568 e il 645 dell’era volgare. che include 42 anni precedenti la Rivelazione [che inizia nell’anno 609 e termina nell’anno 632 e.v.] e 45 anni coincidenti con essa. Compare immediatamente sul noto periodico con testata Libero, diretto dal signor Vittorio Feltri, un bell’articolo, dal titolo Islam, il Corano più antico scritto prima di Maometto, nel quale si afferma, tout court, che il Corano “è stato scritto prima della predicazione” di Maometto. È inutile sottolineare che l’obiettivo dell’articolo è la demonizzazione dell’Islàm, la qual cosa da sempre è abituale nella pagine di Libero!
Il Sublime Corano, che è Parola di Allàh l’Eterno rifulga lo splendor della Sua Luce, è co-eterna, ma il suo testo, in lingua araba pura, fu pubblicato 1400 anni or sono, su dettatura dell’angelo Gibrīl, inviato da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, a Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Il Sublime Corano è Recitazione, la recitazione è un’attività orale.
La stesura per iscritto ha mera funzione di conservazione del Testo di Recitazione. La recitazione di esso ebbe inizio al tempo del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, ed è continuata di maestro in discepolo fino ai nostri giorni.
Il Testo scritto contiene informazioni su realtà, la cui esistenza è stata accertata dalla ricerca scientifica moderna [1400 anni dopo]. Inoltre, un ordito numerico delle occorrenze di un certo numero di lettere dell’alfabeto arabo nel testo, consente, a coloro che sono dotati di intelletto, di non nutrire dubbi sulla paternità divina del Sublime Corano. Esso venne rivelato al Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, dall’angelo Gibrīl, su lui la pace, per mandato di Allàh, l’Altissimo. Gibrīl non si allontanava dal Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, se non dopo aver verificato che il testo rivelato era stato perfettamente memorizzato dal Profeta che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, lo dettava allo scriba di turno, il capo degli scribi era Zayd bin Thābit, e “licenziava” il testo soltanto dopo aver minuziosamente accertato la conformità di esso alla rivelazione ricevuta.
Il Testo, poi, veniva subito memorizzato dai fedeli presenti e il materiale su cui era stato scritto, veniva deposto in una cesta [tabūt].
I Compagni più stretti del Profeta, che Allàh si compiaccia di loro, non appena scendeva una rivelazione, subito ne imparavano a memoria gli insegnamenti, per metterli in pratica e per insegnarli a loro volta, sicché nel corso dei ventitre anni della rivelazione [dal 609 al 632] numerosissimi Compagni, che Allàh si compiaccia di loro, conoscevano a memoria, - o in tutto, o in gran parte, o in buona parte - non solamente il testo del Sublime Corano, ma anche le occasioni, in cui le rivelazioni erano scese.
I Compagni che avevano a mente tutto il Corano si chiamavano al-ḥuffāẓ.
Avvenne che, durante il califfato di Abū Bakr aṣ-Ṣiddīq, che Allàh si compiaccia di lui, morirono in battaglia numerosi ḥuffāẓ, fedeli che sapevano a memoria tutto il testo coranico e la cosa preoccupò ‘Ūmar ibn al-Khṭṭāb, che Allàh si compiaccia di lui, il quale consigliò il Califfo di far mettere per iscritto il testo coranico vivente nella memoria dei fedeli sulla base della documentazione contenuta nel Tabūt. Abū Bakr aṣ-Ṣiddīq, che Allàh si compiaccia di lui, dopo alcuni tentennamenti, aderì alla richiesta, venne redatto un “Testo Unico”, confermato conforme alla recitazione del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, dai numerosi Huffāz superstiti, che Allàh si compiaccia di loro. Il Testo Unico, redatto in unico documento, asseverato dai superstiti ḥuffāẓ venne dato in custodia a Ḥafṣah, che Allàh si compiaccia di lei, figlia di ‘Umar ibn al-Khaṭṭāb e vedova del Profeta che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, Durante il califfato di ‘Uthmān [644-656], il terzo Califfo, che Allàh si compiaccia di lui, l’Islām si estende oltre i confini dell’area arabofona e sorgono dei problemi linguistici nella recitazione del Corano, per cui il Califfo, istituisce una commissione formata dai superstiti ḥuffāẓ e presieduta da Zàyd bin Thabit, il capo scrivano del Profeta, con il compito di redigere un testo di autentica matrice divina.
La Commissione - dopo avere nuovamente letto e confermato il testo coranico custodito da Ḥafṣah, che Allàh si compiaccia di lei - ne redige delle copie, su cui viene richiesta l’approvazione dei “custodienti in memoria il testo del Sublime Corano”, i quali, dopo un’ultima verifica, le approvano. Le copie vengono inviate ai “capoluoghi di provincia”, (Bàssora, Kufa, Shàm-Siria) dove degli amanuensi redigono copie delle copie autentiche del Testo Coranico in numero sufficiente a ritirare le copie in circolazione, che vengono bruciate. Ai portatori di testo non autentico viene data una copia conforme all’originale di ‘Uthmān, conforme al Testo redatto da Abū Bàkr, basato sulla raccolta dei testi delle rivelazioni contenute nel Tabūt, nel quale, dopo memorizzazione e scrupolosa verifica da parte del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, veniva deposto il materiale redatto su dettatura del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria.
Se, oggi, un fedele ricopia un testo coranico integrale per devozione, esso deve essere verificato, prima di essere messo in circolazione, e devono essere indicati i nomi di coloro, che hanno accertato a ritroso la conformità del testo fino ai nomi di ‘Uthmàn bin ‘Affàn, Ali bin Abi Tàlib, Zayd bin Thābit, e Ubày bin Kà’b [questi due ultimi scribi del Profeta], che Allàh si compiaccia di loro, del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, che lo ricevette da Gibrīl, su lui la pace.
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Alla fine del nostro testo coranico c’è un Ta’rīf bi-hàdhā l-muṣḥaf sharīf [Informativa su questo Nobile Libro] Questo mùṣḥaf è stato redatto sulla base di quanto risulta da Ḥàfṣ bin Sulaymān….da ‘Uthmàn bin ‘Affān e Ali bin Abi Ṭālib e Zayd bin Thābit, e Ubày bin Kà’b dal Profeta, ṣàllā-llāhu ‘alày-hi wa sàllama.
-o-
L’esame del carbonio, a cui è stata sottoposta la pergamena del testo coranico di Birmigham, l’ha datata nell’arco di tempo, che va dal 568 al 645. La Rivelazione ha avuto termine con la morte del profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, nel 632, quindi non ci può essere alcun dubbio che il testo, non può essere stato scritto, se non tra il 622, anno dell’Egira e il 645, corno più recente del compasso del carbonio 14. Secondo una tradizione autentica, infatti, a uno che aveva detto al Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria: “Non riesco a tenere a mente tutte le cose”, egli, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, rispose con il gesto imitativo della scrittura, come per dire “Se non ricordi, scrivi!” [o come fece, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria].
Il testo del Corano, più volte asseverato dai conoscitori a memoria di esso, al-ḥuffāz, come dato da Gibrīl, su lui la pace, al Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, è quello di ‘Uthmān, che Allàh si compiaccia di lui, che è giunto a noi di maestro in discepolo per via orale in forma di Corano, cioè di Recitazione.
Il testo di Birmingham, quindi, è assolutamente irrilevante a fini del credo e della prassi del musulmano, in quanto l’Autore del Sublime Corano assicura in esso di garantire l’immunità del Testo della Sua Parola da manipolazione umana, con le parole:


“In verità Noi
[plurale majestatis]
abbiamo fatto scendere
il Ricordo
e, certamente, di esso

[della sua integrità]
Noi [plurale maiestatico] siamo Custodi”.

N.° 193

Dhu-l-higgiah
1436
Settembre 2015

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