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La lingua non ha l'osso
ma rompe il dosso

Quello che vedete in immagine è un mio dattiloscritto di poco meno di quaranta anni or sono, battuto a macchina con una Underwood del 1925 di mio padre su carta di quaderno a righe. Si tratta del tema di una mia performance riguardante il governo della lingua, un tema sempre attuale, perché il saper tacere è una virtù islamica, ma difficile da realizzare, in tutto e per tutto, nella tenda e nella carovana da gran parte dei Musulmani, me compreso, ovviamente. Ho trovato il foglio nel fare una ricerca nel mio archivio e ve ne comunico il testo, perché è un minuscolo frammento del mio passato, che può essere utile a qualcuno degli interventisti su Facebook. Scrissi, quanto segue.

O servi del Misericordioso, uno strumento molto efficace per mantenere l’armonia nei rapporti tra i fratelli è l’educazione religiosa. Tra gli insegnamenti educativi rivolti all’obbiettivo di mantenere l’armonia tra i fratelli, c’è quello del buon governo della lingua, perché il malgoverno della lingua è causa della rottura dell’armonia dei rapporti fraterni, che devono esserci tra i musulmani. Per questo motivo Allàh punisce coloro che con il loro malgoverno della lingua danneggiano il prossimo e rovinano l’armonia dei rapporti con maldicenza, denigrazione, calunnia.

Un giorno il Profeta(*) disse a Muàz che per non rendere vani i meriti dell’Islàm, della preghiera e del gihàd bisognava controllare…e, prendendo tra due dita [l’indice e il pollice] la punta della lingua… [disse] “questa!” Allora, Muàz chiese: “Siamo puniti anche per quello che diciamo?”. È il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, disse] “Non t’avesse tua madre messo al mondo, o Muàz! Gli uomini precipitano a testa in giù nel fuoco a causa del raccolto delle loro lingue!”.

Cioè dei peccati commessi con la lingua. In verità ci sono degli individui, a cui la loro religione non impedisce di tenere a freno la lingua e perciò si lanciano in accuse derisorie e denigratorie, facendo la vivisezione della loro vittima, indagando sui suoi difetti e mangiando la sua carne. Tutti gli uomini hanno dei difetti, delle pecche, delle cadute delle manchevolezze. Beato chi, preoccupandosi delle proprie mancanze,si astiene dall’indagare su quelle degli altri.

Beato colui, disse il Profeta [Allàh lo benedica e l’abbia in gloria], che opera a ragion veduta, eroga il meglio del suo patrimonio, sceglie il meglio della sua parola..[o come disse, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria].

Beato chi è padrone della sua lingua!

E, comunque, il Profeta consigliò ad Abu Dharr: “Dalla calunnia degli uomini, ti sia protezione ciò che tu sai di te stesso [o come disse, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria]!”.

Per quanto riguarda l’attribuzione ad altri di un fatto negativo, sapendone l’innocenza, cioè la calunnia essa è un mezzo abominevole per danneggiare, perché mette insieme la falsità e la maldicenza.

Quanto alla Falsità, il Profeta (*) ha detto che “La falsità porta all’empietà e l’empietà porta all’inferno!”.

Quanto alla maldicenza ha detto: “essa è il ricordo di tuo fratello in una cosa che a lui dispiace venga saputa”. Fu chiesto: “E se è vero?”. Rispose: “Se è vero hai fatto maldicenza e se non è vero hai fatto calunnia!”.

E perché il Musulmano si sappia regolare, il Profeta(*) ci ha fatto sapere che se qualcuno accusa un musulmano di una cosa di cui è innocente, nel giorno della resurrezione, Allàh lo manderà, giustamente, all’Inferno, a meno che porti le prove che sia vero quello che disse.

Siate, perciò, timorati di Allàh, o servi del Misericordioso, e seguite gli insegnamenti morali dell’Islàm. Tenete lontana la vostra lingua da ciò che provoca l’ira di Allàh e ricordate il duraturo insegnamento del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria]:

“È musulmano colui dalla cui lingua e dalla mano del quale i musulmani sono al sicuro e colui che emigra non è chi si sposta da una località a un’altra, ma chi si allontana da ciò che Allàh gli ha proibito”.

P.S. Le eulogie in parentesi quadra sono state aggiunte da me nella copiatura del testo.

N.° 193

Dhu-l-higgiah
1436
Settembre 2015

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