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La Festa
del Sacrificio

La Festa solenne del Sacrificio [Eidu-l-àdḥā] è la seconda delle due Festività solenni dell’Islàm, la prima essendo la Festa della Rottura del Digiuno di Ramaḍān [Eidu-l-Fiṭr] e ciò in base a un detto del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. La sua data è il giorno 10 dell’ultimo mese dell’anno lunare, il mese di dhū-l-ḥìggiah. È la conclusione del Pellegrinaggio [al-ḥàgg] il quinto pilastro dell’Islàm, che diventa obbligatorio per il credente nella paternità divina del Sublime Corano e nella Missione apostolico-profetica di Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, quando egli ne abbia la capacità fisica e la disponibilità economica. Essa commemora l’obbedienza “cieca, pronta e assoluta” del profeta Ibraḥim, su lui la pace e del figliuol suo unigenito giovinetto, Ismā‹īl, anche su lui la pace, a fronte del comando divino di compiere un sacrificio umano, nel quale la vittima sacrificale richiesta da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, era Ismā‹īl. Allàh l’Altissimo, chiese al Suo Profeta – Profeta di Islàm – di spargere il sangue del suo figliuolo unigenito [Isḥāq (Isacco), infatti, non era ancora nato!], con un sacrificio umano, che faceva parte dei riti delle religioni politeistiche semitiche dell’epoca. Il padre e il figlio si resero immediatamente disponibili a compiere il rito, il padre, e a esserne vittima, il figlio.
Andiamo, però, con ordine! Il profeta Ibrāhīm [Abramo], su lui la pace, ritornato nella valle del Ḥigiāz dove aveva lasciato la moglie Hàgiar [Àgar] e il figlio Ismā‹īl [Ismaele], per ordine di Allàh, rifulga lo splendor della sua luce, ebbe in visione nel sonno che stava sacrificando suo figlio. si Si rivolse, quindi, a suo figlio Ismā‹īl [Ismaele], su lui la pace, e con tutto l’amore e l’affetto di un padre, gli chiese il suo parere. Il figlio, che in quella visita del padre aveva ricevuto da lui e fatto suo l’insegnamento fondamentale dell’Islàm, che è l’incondizionata obbedienza ad Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, rispose senza esitazione: “Padre, fa’ ciò che ti è stato ha ordinato, troverai in me, con la volontà di Allàh, la pazienza e l’obbedienza”.
Leggiamo l’àyah 102 della sura 37:
“Poi, quando raggiunse l’età per accompagnare [suo padre questi] gli disse: “Figlio mio, mi sono visto in sogno, in procinto di immolarti. Dimmi cosa ne pensi”. Rispose: “Padre mio, fa’ quel che ti è stato ordinato:
se Allah vuole, sarò rassegnato”.
Satana, naturalmente, tentò alla disobbedienza il profeta Ibrāhīm [Abramo], su lui la pace, e suo figlio Ismā‹īl [Ismaele], su lui la pace, e lo fece per tre volte, ma invano. Essi scacciarono il tentatore a sassate, lapidandolo con sette pietre tre volte, al grido: “Allāhu àkbar!” (e questo è all’origine del rito - il quale fa parte integrante del Grande Pellegrinaggio - della lapidazione da parte dei pellegrini delle steli - al-giamarāt - che rappresentano Satana)
Giunti che furono al luogo del sacrificio… ma lasciamo la Parola ad Allàh, l’Altissimo (sura 37, v 103-108):
“Quando, poi, entrambi si sottomisero, e lo ebbe disteso con la fronte a terra, Noi lo chiamammo: ‘O Ibrāhīm, hai realizzato il sogno. Così Noi ricompensiamo quelli che fanno il bene. Questa è davvero una prova evidente’. E lo riscattammo con un sacrificio generoso. Perpetuammo il ricordo di lui nei posteri”.
Allàh, l’Onnipotente, crea, immediatamente, un montone e lo indica al profeta Ibrāhīm, su lui la pace, come vittima sacrificale al posto di suo figlio Ismā‹īl [Ismaele], su lui la pace. C’è nell’evento anche una evidente proibizione del sacrificio umano.
Un evento analogo avvenne quando Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, creò, presumibilmente, un androide, fac-simile perfetto del Cristo, su lui la pace, il Messia Gesù, figlio di Maria, per sottrarlo al supplizio della croce, programmato per lui dai capi degli Ebrei, a cui il Messaggio Islamico di al-Ingīl [l’ Evangelo] dava delle forti preoccupazioni per la stabilità del loro potere. Fu crocifisso, ipotizzo, l’androide, fac-simile perfetto del Cristo, dato che Allàh, l’Altissimo, afferma nel Sublime Corano che il Cristo non fu ucciso, non fu crocifisso, ma che i suoi persecutori ebbero l’illusione di averlo fatto! Ciò vuol dire che una crocifissione ci fu, ma il crocifisso non era il Cristo, Gesù figlio di Maria, il quale era stato assunto “in cielo” da Allàh, l’Altissimo, poco prima che l’androide, fac-simile perfetto di lui creato come il montone di Ibrāhīm, su lui la pace, venisse arrestato dagli sgherri del Sinedrio.
Dice Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, nella Sura al-Kàwthar:
“In verità, Noi ti abbiamo dato al-Kàwthar, perciò esegui il rito di adorazione e sacrifica…”.
Sulla base di questa minuscola Sura il sacrificio deve essere eseguito dopo la partecipazione al rito congregazionale della Festività.
La vittima sacrificale deve essere una delle quattro specie di bestie, sulle quali cade l’imposta coranica [az-zakātu], il terzo pilastro dell’Islàm, che sono: il cammello, il bovino, l’ovino, il caprino. Tutti i musulmani, che sono nelle condizioni di pagare l’imposta coranica, hanno il dovere - dopo aver partecipato al rito di adorazione congregazionale della solennità di Eid al-àḍḥā, celebrato uti universitas da tutti i membri della comunità - di eseguire un sacrificio, per commemorare l’Obbedienza di Abramo e Ismaele, luminosi modelli di comportamento islamico, nel giorno di conclusione del Pellegrinaggio [yaumu-n-nàhr giorno del sacrificio] il 10 di dhū-l-hìggiah, che è un giorno di grande festa e di condivisione. La carne della vittima viene divisa in tre parti: una per chi ha eseguito il sacrificio, una per i familiari e una per i poveri.
E certamente Allàh ne sa di più.

N.° 193

Dhu-l-higgiah
1436
Settembre 2015

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