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GIUMADA
ATH-THĀNIYAH

Siamo entrati dal 10 di marzo nel sesto mese dell’anno egiriano [lunare] 1437 dell’egira e 1434 anni egiriani or sono avvenne un episodio importantissimo nella vita del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Questo evento che la storia degli albori dell’Islàm ci racconta ha un grande significato per i Musulmani di tutti i tempi e specialmente un grandissimo significato per i Musulmani dei nostri giorni. Correva il decimo anno da quello in cui nella Notte del Destino, probabilmente il 27 del mese di Ramadàn, Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, aveva ricevuto l’investitura divina di Apostolo e Profeta di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, nella grotta del monte Ḥirā‹. Per due lustri il Profeta, che All’h lo benedica e l’abbia in Gloria, aveva dedicato tutto se stesso alla predicazione in private e in pubblico del messaggio di liberazione dell’uomo dal dominio dell’uomo, ma nonstante i suoi sforzi solamente pochi suoi concittadini avevano accolto il messaggio e lo avevano seguito. La maggioranza, invece, dopo che gli esponenti della classe dominante avevano fatto fallimento nel cercare prima di integrare il Profeta nel loro sistema di potere e poi di perseguitare con violenza fisica lui e suoi seguaci, li seguì nella loro politica di screditare lui e i suoi seguaci, evitandolo, ridicolizzandolo, facendo il vuoto intorno a lui≈. Questa situazione rattristava profondamente il Profeta≈, sicché egli comprese che per il momento non c’era niente da fare alla Mecca, benché egli fosse sicuro che Allàh≈ avrebbe dato la vittoria alla Sua Religione, la Sua Parola si sarebbe propagate sulla Terra e che coloro i quali adesso la rifiutavano ne sarebbero stati conquistati, quando Allàh avrebbe voluto, perché nulla avviene indipendentemente dal volere di Allàh. Così, guidato dall’ispirazione divina, egli prese la decisione di andare nei dintorni della Mecca a predicare il messaggio dell’Islàm che “non c’è divinità tranne Allàh”, proclamandosi messaggero di Lui, per la salvezza degli uomini dal fuoco, destino finale di tutti coloro che adorano divinità fabricate dall’uomo invece di adorare Allàh, rifulga lo splendor della sua Luce. Nelle vicinanze della Mecca c’è una città, Tàyf, prosperosa e felice, ricca di frutteti, di giardini e di vigneti e il Profeta≈ decise di iniziare da quella città le sue visite pastorali e si avviò a piedi, accompagnato da Zàyd bin Harisa, predicando il Messaggio in tutte le località attraversate durante il viaggio. Giunto che fu a Tayf andò a far visita ai capi del clan dominante, quello dei Saqifiti, che erano tre fratelli. A loro egli≈ espose la sua Missione e chiese la loro cooperazione, ma la risposta fu offensivamente negativa. Il Profeta≈ sopportò pazientemente le offese dei tre, i quali innervositi dalla sua pazienza incitarono i loro servi a cacciare malo modo il Profeta e Zayd dalla città, per cui la ragazzaglia inseguì il Profeta che si allontanava tirandogli addosso pietre, mentre una gran folla si era radunata per assistere compiaciuta allo spettacolo di violenza, di cui il Profeta≈ era vittima, inveendo contro lui. Per l’abbondante perdita di sangue il Profeta cadde svenuto e fu Zayd a portarlo sulle spalle per un buon tratto di strada, fermandosi all’ingresso di una vigna carica di grappoli maturi, dove il Profeta rinvenne e, dopo avere pregato, rivolse ad Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, questa invocazione: “O Allàh, io vengo a te da solo, senza aiuto e senza risorse. Tu sei il più Misericordioso dei misericordiosi. Tu sei il sostegno del debole e del non garantito. Tu sei il mio Signore. A chi Tu stai per affidarmi… a un nemico sconosciuto che sarà duro con me o a un nemico che avrà il sopravvento sulla mia attività? Se tu non mi sei ostile io non mi preoccupo di nulla e la Tua protezione è per me uno scudo. Contro la Tua ostilità e la Tua collera io cerco il fulgore del Tuo Volto che dissipa ogni tenebra e sistema ogni cosa del mondo. Io cerco la Tua volontà e il Tuo compiacimento. Non c’è forza ne potenza se non grazie a Te”. Mentre queste cose accadevano, I padroni del giardino, che avevano assistito all’evento, mandarono un loro servo cristiano di nome Dàys, con dei grappoli d’uva, da offrire al Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in Gloria. Il Profeta≈ nell’accettarli disse: “Nel nome di Allàh”. Mentre il Profeta mangiava, Dàys, messosi a sedere ai suoi piedi, gli chiese che cosa aveva predicato alla gente della città. Il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in Gloria, gli chiese, a sua volta, di dove fosse originario e quale fosse la sua religione. Dàys rispose che era un appartenente alla comunità cristiana di NINIVE [Ninive, la città di cui parlano i telegiornali per denunciare la persecuzione per mano dell’ISIS di cui sono vittime i cristiani di Ninive, una delle più antiche comunità cristiane del Medio Oriente, che per 14 secoli ha vissuto in pace nel cuore del Dar-al-Islàm fino ai giorni nostri]. Il Profeta≈ esclamò: “Ma, allora tu appartieni alla città di GIONA [il profeta Yūnus, su lui la pace, che Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, nel Sublime Corano chiama ‘Quello del Cetaceo’, Dhū-n-Nūn]!”. Dàys, sorpreso, chiese: “Com’è che conosci Giona?”. Il Profeta rispose: “È un mio fratello: profeta lui, profeta io!”. Dàys pianse e, tornato ai suoi padroni, disse: “Nessuno sulla terra è meglio di quell’uomo. Mi ha detto una cosa che soltanto un profeta poteva sapere!”. Sulla via del ritorno alla Mecca, Zayd chiese al Profeta: “O Apostolo di Allàh, perché non li hai maledetti?”. Il Profeta, rispose: “Perché avrei dovuto maledirli? Se oggi essi non hanno accettato l’Islàm, spero che lo accettino le loro future generazioni [o come disse, che Allàh lo benedica e l’abbia in Gloria].
L’esperienza di Tayf fu una dolorosissima esperienza per il Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in Gloria, una di quelle esperienze dure da vivere sia a livello fisico che a livello mentale. Sono queste le prove, con cui Allàh, l’Altissimo, verifica la forza spirituale dei Suoi Messaggeri e dei Suoi fedeli, prima di far giungere loro il Suo Sostegno.
Dice Allàh nel Sublime Corano: “Pensate forse voi d’entrare in Paradiso (senza difficoltà)? Ben conoscete quello che subirono coloro che vissero prima di voi! Furono colpiti da ogni genere di avversità e furono sconquassati a tal punto che l’Apostolo e coloro che avevano creduto con lui dissero: “Quando (arriva) l’aiuto di Allàh?”. In verità, l’aiuto d’Allàh è vicino.(214).[Cor. Sura 2 – àyah 214].

N.° 196

Giumada II°
1437
Feb/Mar
2016

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