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LA MUSULMANA
IN BICICLETTA

Nel corso di una trasmissione televisiva il dott. Ali Abu Shwaima, presidente del Centro islamico di Milano e Lombardia – Moschea del Misericordioso, con sede a Segrate, in via Cassanese 3 [per chi non lo sapesse] ha usato la metafora del diamante per mettere in evidenza con l’immagine di quella pietra preziosa, la più preziosa delle pietre preziose, simbolo di eternità e di purezza “adamantina” [aggettivo che viene dal greco àdamas – adamantos che significa <indomabile>] di incorruttibilità, di splendore, la caratura della donna nell’Islàm. Ecco che cosa ha voluto dire il dott. Abu Shwaima con la sua espressione, certamente troppo sintetica per essere compresa al volo da una mente organica a un sistema di idee in cui il comune senso del pudore è al fondo del barile, per cui non riesce a vedere il nesso tra la parola “diamante” e quello che segue del discorso dell’intervistato:“È più decoroso e di rispetto per una donna che non vada in bicicletta”. Lo dimostra la frase dell’intervistatore: “Capire il legame tra le due cose è impossibile. Certamente! Per capire, bisogna avere strutture mentali capaci di “afferrare” concetti, che per afferrarli, bisogna averli. La manipolazione del pensiero abusciuemico è evidente, quando il testo giornalistico dice: “per questo motivo [la donna musulmana] non può andare in bicicletta”. NO! La donna musulmana può andare in bicicletta, ma è più decoroso e di rispetto [di se stessa] che non ci vada. Ci sono poi degli scriteriati che dovrebbero parlare quando “il gallo fa la pipì” che parlano a vanvera e mettono a disposizione di persone interessate per loschi motivi alla demonizzazione dell’Islàm in Italia del materiale audiovisivo da pubblicare su carta e per immagini, come, per esempio, che sono moltissime le musulmane che vivono a Milano e che non possono salire sulla bicicletta perché i mariti glielo vietano. La solita manfrina che “i mariti glielo vietano!”. Davanti alle telecamere di Striscia la notizia chiedono di non essere riprese in volto. Non vogliono passare dei guai. “La bici è solo per maschi”, spiega una ragazza completamente velata. Che avrebbe fatto bene a stare a casa a studiare invece di andare a una trasmissione dichiaratamente reazionaria nei confronti dell’Islàm, dato il taglio delle trasmissioni, che hanno per oggetto cose dell’Islàm. Accanto a lei, però, ce n’è un’altra che insegna alla figlia ad andare in bicicletta, ma si affretta a dire: “È normale... Però, fino a vent’anni, poi basta”. E questa è una chicca per far capire che i musulmani non vanno d’accordo tra loro su quello che è islamicamente lecito e quello che non lo è. Non parliamo poi dei mariti, che non riescono a capire che rilasciare interviste in cui raccontano le loro ignoranze serve soltanto a dare argomenti di denigrazione dell’islam, di cui essi portano, speriamo di sbagliarci, solamente il nome. Poi - dopo aver dato degli scampoli di interviste per ridicolizzare agli occhi di una platea che ha perso il senso del pudore – la maggioranza – l’articolista conclude, sbrigativamente: La maggior parte degli intervistati, insomma, ritiene che il divieto di andare in bicicletta sia “una questione di pudore, per la donna stessa”. Venenum in cauda! Il veleno è nella coda, Eccolo: Non è la prima volta che Striscia la notizia si occupa di questo assurdo divieto. Un divieto che arriva dall’Arabia Saudita, dall’Iran, dallo Yemen, dall’Afghanistan e dalle zone rurali del Maghreb. No! è – se si può parlare di divieto – che divieto non è, una conseguenza della consapevolezza che la regola di condotta che richiama la donna al rispetto della propria fisicità, per la sua “collaborazione” con il Creatore nella conservazione della specie umana attraverso la maternità non viene da una creatura, ma dal Creatore. “A un musulmano piace proteggere la donna - spiega Ali Abu Shwaima - essendo la donna una cosa sacra, una cosa di valore... non è che la metti così in mostra. Piuttosto vada in Cadillac o in Mercedes, ma non in bicicletta”. Anche attraverso la punteggiatura e la preterizione l’articolista vuole evidenziare fino all’ultimo l’assurdità <moderna> e spadaccinesca della frase abusciuemica: A un musulmano piace proteggere la donna! La donna essendo una cosa sacra, di valore… non è che la metti, così, in mostra. Piuttosto vada in Cadillac o Mercedes, ma non in bicicletta! La Cadillac e la Mercedes sono entrate nel discorso come battuta… Per il suo valore spirituale, morale e sociale la donna musulmana, la quale può andare in bicicletta, può anche guidare Cadillac e Mercedes, alla faccia di chi sostiene che la donna non può guidare. E Allàh ne sa di più.

N.° 196

Giumada II°
1437
Feb/Mar
2016

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