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FUORI CONTESTO
IL VELENO DELLA DECONTESTUALIZZAZIONE

I professionisti della propaganda anti-islamica, scrittori e politici affetti da idrofobia islamo-fobica, fanno un largo uso dell’espediente della decontestualizzazione di passi del Sublime Corano, per diffondere la loro malattia canina in quegli ambienti, i quali - a causa del livello pre-alfabetico della loro cultura, sono facilmente influenzabili. Costoro, allo scopo di aizzare il popolo minuto contro l’Islàm e i Musulmani. Si servono dei testi alcune ayāt del Sublime Corano fuori del loro contesto e, ovviamente, senza parlare delle circostanze storiche in cui esse furono rivelate. Così facendo, presentano l’immagine dell’Islàm, che fa loro comodo presentare per fare bottino di voti alle elezioni. Presentano il Corano, fonte dell’Islàm, come un libro che promuove la violenza e il terrorismo. Prendono un “testo” e lo presentano fuori dal suo “contesto”, sputando veleno con le iugulari gonfie, strillando come pescivendoli al Mercato del pesce di Napoli. Essi vanno affrontati con tono di voce energico, ma equilibrato denunciando con fermezza questo squallido metodo di offendere la religione di un quarto della popolazione del Pianeta, circa duemila milioni di abitanti. Farlo con precisione linguistica, chiarezza concettuale e a ragion veduta, con conoscenza di causa. Uno dei loro cavalli di battaglia è: <<Uccideteli ovunque li incontrate!>>. Questa frase si trova nella Surah al-Baqarah, àyah 191. Quando lo strillone o la strillatrice di turno in onda cita questa àyah, bisogna subito chiedere la parola, denunciando il criminoso tentativo di istigazione all’odio di religione, che oggettivamente si fa veicolo del significato letterale delle parole e pretendendo che si ascolti attentamente il contenuto delle ayāt che vanno dalla 190 alla 193:
“Combattete per la causa di Allàh contro coloro che vi combattono, ma senza eccessi - perché Allàh non ama coloro che eccedono. E uccideteli, ovunque li incontrate, e scacciateli da dove vi hanno scacciato: la persecuzione [di cui voi siete fatti oggetto] è peggiore dell’omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Sacra Moschea [a Mecca], a meno che non siano loro ad aggredirvi. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti [idolatri e politeisti della Mecca]. Se però cessano, allora Allàh è perdonatore, misericordioso. Combatteteli, fino a quando non ci sia più persecuzione e il culto sia [reso solo] ad Allàh, ma se desistono [dalla loro volontà di distruggere l’Islàm], non ci sia ostilità, se non contro coloro che prevaricano>>>.
Appare chiaro dal complesso delle direttive contenute nel testo, nel quale trovasi la frase enucleata [Uccideteli ovunque li troviate], che esse scendono in una situazione, nella quale i Musulmani sono pesantemente sotto attacco da parte del politeismo idolatrico dominante alla Mecca, che intende schiacciare con le armi il nascente ordinamento islamocratico della <polis muhammadica> [Medina] governata dai Comandamenti del sublime Corano [Verbum Dei] e dai precetti del Profeta, che Allàh lo benedica l’abbia in gloria, legittimati dall’autorità nomotetica conferita da Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, al Suo Apostolo. Il contesto chiarisce, in modo inequivocabile, che l’àyah 191 permette ai Musulmani di Medina di difendersi contro l’aggressione dei politeisti idolatri della Mecca [Vim vi repellere licet]. Le disposizioni sono circostanziate e limitate al tempo degli albori dell’Islàm, in cui le strutture di potere politico ed economico della classe dominante della Mecca - fondate sul principio del dominio dell’uomo sull’uomo - percepito il pericolo di un messaggio che afferma che <<Nessuno, tranne il Creatore ha titolo per essere obbedito e adorato dalle creature>> - hanno a più riprese cercato di eliminarlo manu militari. Il dovere dei Musulmani è di andare in giro nel mondo a proclamare l’unità, unicità e uni-personlità di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, e la dignità apostolico-profetica di Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. non già quello di uccidere ogni diversamente credente, in cui si imbattono!
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Un altro cavallo di battaglia della propaganda finalizzata alla demonizzazione dell’Islàm nelle menti degli sprovveduti di informazione sulle vicende, che si svolgono in Arabia nei primi anni dell’attività di predicazione monoteistica del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, in un ambiente di cultura tribale e di religione politeistica e di robusta tradizione idolatrica è l’àyah 74 della Surah an-Nisā‹ [Le donne] che recita: <Combattano, dunque, sul sentiero di Dio, coloro che barattano la vita terrena con l’altra. A chi, combattendo per la causa di Dio, sia ucciso o vittorioso, daremo presto ricompensa immensa>. Secondo i detrattori dell’Islàm, questa àyah incoraggia lo spargimento di sangue, è una chiara istigazione a mettere a rischio la propria vita in vista di uno dei due premi: il martirio, essendo uccisi per la causa di Allàh, o la vittoria [con l’uccisione del <nemico>. Ma il musulmano, a questo attacco, deve sapere rispondere, denunciando il carattere falso e tendenzioso dell’accusa di incoraggiamento allo spargimento di sangue e di istigazione al suicidio, dichiarando con forza il carattere delittuoso delle affermazioni dedotte da un testo enucleato dal suo contesto e gettare luce sul fatto che questa esortazione è fatta ai musulmani che vivono in un clima di terrorismo messo in atto da parte della classe dominante idolatrica e politeista, per la conservazione del sistema di <dominio dell’uomo sull’uomo> su cui si basa il suo potere politico ed economico. La qual cosa è messa in evidenza dall’àyah successiva, che recita: <Perché mai non combattete per la causa di Allàh e dei più deboli tra gli uomini, le donne e i bambini che dicono: “Signore, facci uscire da questa città di gente iniqua; concedici da parte Tua un patrono, concedici da parte Tua un alleato”>.
Questa àyah esorta chiaramente i Musulmani a sollevarsi in difesa di uomini, donne e bambini oppressi, perché la <dignità dell’uomo> è patrimonio comune di tutti gli uomini e dove essa è calpestata anche in una sola persona, lì è calpestata quella di tutti gli uomini, per cui ogni musulmano ha diritto di insorgere in sua difesa con ogni mezzo – reso lecito da Allàh – anche con le armi nel <piccolo gihād> indetto dall’Autorità islamica in carica.
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Un terzo campione di <decontestualizzazione> finalizzato a gettare sospetto, disprezzo, terrore nei confronti dell’Islàm e dei Musulmani, che viene brandito come arma definitiva per dissacrare l’Islàm da religione di Pace a religione di violenza è il frammento dell’àyah 36 della Surah IX [at-Tawba] che recita: <<<Combattete tutti assieme i politeisti>>>. Questa frase è un frammento dell’àyah, in cui Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce parla dei quattro mesi sacri [ràgiab, dhū-l-qādā, dhū-l-ḥìggia e muhàrram], nei quali è proibito combattere. E qui in essa compare la <frase incriminata> con il seguito! Leggiamo: <<E combattete tutti assieme i politeisti, come essi vi combattono tutti assieme. Sappiate che Allàh è con coloro che temono>>.
Ovviamente, ai loro scopi indegni di manipolazione dei cervelli ambientali, di un ambiente culturale del quale l’istat rileva la condizione di analfabetismo [originario e post-scolastico] del 75%, i fomentatori dell’odio di religione e di razza sotto la maschera della libertà di pensiero, garantita dalla Costituzione, evitano, accuratamente, di tirarsi la zappa sui piedi.
È compito del Musulmano istruirsi con precisione linguistica e concettuale per silenziare sul campo i nemici dell’Islàm, allattati da Don Bosco e da Fallaci, mettendo in evidenza l’uso mistificatorio della <decontestualizzazione> in danno delle masse di coloro, che – schiavizzati dalle velenose insinuazioni anti-islamiche - difendono, a loro insaputa, le loro catene.

N.° 207

Shawwàl
1438
Luglio
2017

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