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Il fior fiore dell’umanità

Dice Allàh, rifulga lo Splendor della Sua Luce, nella sura 98 del Sublime Corano:

In verità, coloro che credono e praticano le opere buone sono il fior fiore dell’umanità; (7) la loro ricompensa, presso il loro Signore, è costituita dai giardini di Eden, sotto cui scorrono i fiumi, in cui rimarranno in eterno, per sempre! Allàh si compiace di loro ed essi si compiacciono di Lui! Questo per chi teme il suo Signore.(8)
Mantenere le promesse e onorare la parola data sono aspetti fondamentali della linea di condotta del Musulmano, mentre il mancato adempimento delle promesse e il non rispettare la parola data, sono caratteristiche dell’ipocrita. La nostra dottrina riguardante la linea di condotta dell’uomo, che, non senza la misericordia di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, si fonda sulla Parola di Allàh, l’Altissimo, come materializzata nei fogli del Sublime Corano e nell’Insegnamento del profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Ciò premesso, l’obbligo di adempiere le obbligazioni assunte si fonda sul Sublime Corano. Allàh, l’Altissimo, la parola del Quale è assolutamente veritiera, lo ordina ai credenti quando dice:

“Ya àyyuha lladhīna āmanū,
àwufū bi-l-‘uqūd”
O voi che credete,
siate adempienti agli obblighi.

Inizio della prima àyah del capitolo Quinto del Sublime Corano [Sura della Mensa imbandita(sūratu al-mā‹idah)].
Come fu riferito da ‘àbdullāhi bin ‘Àmr (Allah si compiaccia di lui), un giorno, l’Apostolo di Allàh, Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, ebbe a dire:

“Ci sono quattro aspetti del comportamento, che sono caratteristici dell’ipocrita, e chi ne possiede uno solo dai quattro ha una caratteristica sola dell’ipocrisia, a meno che uno non se ne liberi. Quando l’ipocrita parla, dice cose non vere, quando fa una promessa non la mantiene, quando prende un impegno non lo adempie; e quando si trova a discutere adopera un linguaggio volgare”.

Raccolto da al-Bukhārī e da Muslim, i due Luminari del Ḥadīth.
Una delle cause della noncuranza da parte dell’uomo dei doveri religiosi, che dalla sua condizione di creatura gli derivano verso del Creatore, è la mancanza della consapevolezza della propria condizione di creatura e dello scopo per cui l’uomo è stato creato. L’assenza di queste consapevolezze facilita l’opera deviazionista di Shaytān, per cui la maggior parte della gente si impegna a fondo nelle cose della vita mondana e in essa tanto profondamente si immerge da trascurare, purtroppo, del tutto i loro doveri religiosi e se non proprio a trascurarli del tutto a compierli con svogliatezza e negligentemente, prendendo le cose alla leggera.
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La prima causa della noncuranza è l’insufficienza, quando addirittura non l’ignoranza, del significato escatologico dell’esistenza terrena dell’uomo. La qual cosa è, nella maggioranza dei casi, il prodotto di un insegnamento nozionistico della religione; un insegnamento, che, limitandosi alla precettistica relativa alle formalità di rito, le quali pure sono sostanziali, come espressione nel mondo esteriore dell’identità religiosa, se non sostenute da una profonda consapevolezza islamica, produce nudo formalismo, primo passo verso l’abbandono. Nel Sublime Corano e nella Nobile Sunna ci sono Comandamenti e Precetti di fare e di non fare che richiedono l’esercizio della pazienza e della buona volontà coniugata con lo spirito di sacrificio; e ciò perché non si entra in paradiso senza fatica e si illudono coloro, i quali credono che per salvarsi dal fuoco dell’Inferno basti essere solo credenti. Essere musulmani significa tradurre in pratica la testimonianza dell’unità, unicità e unipersonalità di Allàh, che non ha condomini nella sua Regalità e della dignità apostolico-profetica di Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, nella propria linea di condotta con esclusione da essa di ogni azione che abbia la sua ragion d’essere in una fonte diversa dalla Parola di Allàh e dall’insegnamento del Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. Una seconda causa è l’amore per i piaceri della vita mondana, che seduce gli uomini facendo leva sulle loro debolezze con illusioni di onnipotenza e di eternità. Ciechi sono i sedotti e sordi all’avvertimento di Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, il Quale ammonisce:
“Non v’inganni la vita terrena e non vi inganni a proposito di Allàh l’ingannatore [Cor. Sura 35 - Fāṭir - àyah 5]”.
Il Profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, mise in guardia dalle devastanti conseguenze dell’essere preda della vita mondana, dicendo di stare alla larga da essa, poiché essa “è una maga, il cui potere magico è più forte di quello di Harūt e di Marūt”; che l’amore della vita mondana è la radice di tutti i mali; che chi ama la vita mondana si prepara una pessima situazione nella vita futura, mentre chi ama la vita futura si prepara una pessima situazione della vita mondana, concludendo questo insegnamento con l’esortazione a dare la precedenza a ciò che è duratura e non a ciò che è destinato a perire e la voglia di lusso, perché la priorità di tanta gente e guadagnare soldi senza pensare alla prossima vita. Una terza causa, infine, è costituita dalle cattive abitudini, che sono, né più ne meno, forme di disobbedienza a salutari precetti di igiene dettati dal Profeta, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, nell’esercizio del suo magistero, per il benessere del corpo e della mente; disobbedienze, alle quali, credute marginali, non viene dato gran peso, mentre, invece, la disobbedienza a questi precetti fa allontanare a poco a poco dalla fede.
Coloro, ai quali Allàh, rifulga lo splendor della Sua Luce, ha dato la conoscenza del bene e del male, hanno il dovere di ordinare il bene e di proibire il male non solo agli altri, ma soprattutto a loro stessi, facendosi costantemente l’esame di coscienza ed esortando gli altri a farselo, per correggere i propri errori. Tutti i figli di Adamo sono peccatori e i migliori sono quelli che si redimono dal peccato. Umar ibn al-Khaṭṭāb (Che Allah sia soddisfatto di lui) ammonì i credenti, dicendo: Fatevi l’esame voi stessi prima che vi sia fatto; e pesate i vostri fatti prima che vengano pesati nell’altra vita”. La trasgressione dell’io consiste nel dare sfogo alle proprie passioni, nell’obbedienza ad an-nàfsu-l-ammaratu-bi-s-sū‹ l’anima passionale, per questo il musulmano ha il dovere di combattere in sé medesimo il grande gihād [al‑gihādu-l-àkbar], per dominare le inclinazioni al male, poiché abbandonare la lotta interiore può portare fuori dalla retta via, con conseguenze devastanti non solo nella vita terrena, ma anche, e soprattutto, in quello futura. Bisogna sforzarsi di eliminare le cause che portano all’indifferenza religiosa, mediante una efficace sensibilizzazione identitaria, offrendo agli indifferenti e ai noncuranti le motivazioni razionali, che non mancano, per far germogliare nei cuori l’orgoglio di appartenenza a questa nostra comunità spirituale di adorazione, degli appartenenti alla quale, Allàh, l’Altissimo, rifulga lo splendor della sua Luce, ha detto “Siete il fior fiore dell’umanità” [Sura della prova evidente (sūratu-l-bayyìnah) Capitolo 98° del Sublime Corano: “In verità, coloro che credono e praticano le opere buone sono il fior fiore dell’umanità” (7)] e per ottenere questo risultato è necessario produrre una intelligente informazione dottrinale portata avanti con sapienza e bei modi di esporre, ma soprattutto con una esemplare pratica di vita.

N.° 191

Ràgiab
1436
Maggio 2015

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